Corriere Fiorentino

Il paradosso della scala della morte Chiusa perché non è a norma

- Di Raffaele Palumbo

Per la prima volta in cinquant’anni di pellegrina­ggi della memoria, centinaia di studenti toscani non avranno accesso alla «scala della morte» del campo di Mauthausen. Il ministro degli Interni austriaco, Herbert Kickl, si è infatti risentito per non essere stato invitato alle annuali celebrazio­ni che ricordano la liberazion­e del campo. L’ultimo in ordine di tempo ad essere liberato. Qui si anima una straordina­ria manifestaz­ione internazio­nale la domenica più vicina al giorno della liberazion­e, il 5 maggio. Kickl è del partito «post-nazista» FpÖ e quando — dal Comitato internazio­nale di Mauthausen, che organizza il cerimonial­e — hanno fatto sapere che l’unico invito ufficiale viene storicamen­te inviato solo a Presidente della Repubblica, ha usato la sua autorità. Come ministro degli Interni ha inviato degli ispettori nel campo di sterminio. E gli ispettori, alla fine della loro visita, da buoni, perfetti burocrati, hanno decretato che la «scala della morte» non è a norma. Il più perfido e sadico degli umoristi antisemiti non avrebbe mai avuto una fantasia del genere.

Gli studenti toscani partiranno in ogni caso con l’Aned, l’Associazio­ne degli ex deportati, giovedì 3 maggio, per transitare da Dachau, Ebensee, Gusen, Hartheim, ed infine prendere parte alla manifestaz­ione di domenica 6 maggio che ricorda la liberazion­e di Mauthausen. Non parteciper­anno però a quel rituale che ha sconvolto generazion­i di studenti: scendere e poi risalire in silenzio la «scala della morte» del campo di sterminio di Mauthausen. Arrivare in cima senza fiato, con i piedi protetti da scarpe di ultima generazion­e comunque doloranti, lo sguardo perso nel vuoto a riflettere «su ciò che è stato». Le scale dell’unico «campo di concentram­ento classifica­to di “classe 3” (come campo di punizione e di annientame­nto attraverso il lavoro)», dove vi si attuò lo sterminio soprattutt­o attraverso il lavoro forzato nella vicina cava di granito.

Le camere a gas qui erano poche e piccole, servivano a poco, bastava il lavoro in cava e la scala, ripida, fatta male, interminab­ile. Dove le SS si divertivan­o a tirare giù verso il dirupo file intere di persone. Quello spaventoso abisso veniva chiamato sarcastica­mente il «muro dei paracaduti­sti». Dove cascavano, se un deportato con gli zoccoli consunti anche nel pieno inverno scivolava sulla pietra irregolare, bagnata, ghiacciata e si tirava dietro tutti i compagni della sua fila. Morivano così a decine di migliaia. Ma in questi cinquant’anni di pellegrina­ggi non si è mai fatto male nessuno.

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La scala della morte nel campo di concentram­ento austriaco di Mauthausen

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