SÌ, ESECRARE (PERÒ NON BASTA)
No ai cortocircuiti tra storia e politica, alla rievocazioni farsesche di nazisti e partigiani e all’equidistanza tra Resistenza e fascismo. La sindaca leghista di Cascina Susanna Ceccardi non può abusare dell’uso della provocazione come espediente propagandistico. Prima che a Salvini deve rispondere alla Costituzione, frutto condiviso della lotta di Liberazione dal nazi-fascismo. Detto questo, forse c’è da aggiungere qualcos’altro. Sì, perché per chi crede nell’attualità dei valori della Resistenza e della Liberazione la riflessione non può rinchiudersi nelle pigrizie ideologiche e nelle convenienze politiche. Dobbiamo chiederci invece cosa sia diventato per la maggioranza degli italiani il 25 Aprile. Per rendersene conto bastava fare mercoledì scorso il giro delle tre piazze fiorentine in cui si festeggiava la ricorrenza. In piazza Santa Croce la cerimonia ufficiale, con buoni discorsi del sindaco Dario Nardella e del cardinale Betori. Che giustamente ha sottolineato l’esigenza di «un impegno politico, sociale e culturale quotidiano». Parole non dissimili da quelle lette in uno striscione appeso da una famiglia alla finestra nel cuore dell’Oltrarno: «Perché vivere significa essere partigiani». Ecco: vita, quotidianità. Ogni giorno dovrebbe essere 25 Aprile. Nella piazza dei francescani l’attenzione dei media è stata però catturata da Matteo Renzi e dallo psicodramma del Pd sulla possibile o no alleanza con Di Maio. Ma perché è successo? Forse abbiano trasformato troppo spesso il ricordo della Resistenza e della Liberazione in cerimonia, rito e album dalle foto sbiadite. Lo si è visto in piazza Poggi, pranzo antifascista sotto un sole cocente mentre un ex partigiano di 93 anni invitava ad iscriversi all’Anpi e i giovani ad impegnarsi, ad aver coraggio, ad «essere partigiani». Esortazioni nobili durante un picnic antifascista e poco altro. E lo si è visto infine in piazza Santo Spirito, al raduno della sinistra antagonista, anarchici, centri sociali. Un trionfo di cibo buono e ideologia stantìa. Da Marx a Lenin, dalla rivoluzione cubana a quella palestinese. E oggi? Alla fine l’unica vera emozione l’abbiamo provata a vedere i tanti bimbi in collo a giovani padri e madri. Che forse coltivano a loro modo il sogno di un’umanità che cambia a partire non più dalla politica, ma dalla sfera personale. Dalla famiglia. Dai figli. Cosicché ci piace pensare a quei bimbi dai visi paffuti di Santo Spirito come agli angeli di una nuova Liberazione.