«Il popolo della notte può traslocare Le soluzioni ci sono»
«La movida è radicalmente incompatibile con la residenza. Le amministrazioni hanno il dovere di cercare soluzioni alternative». Per il giurista Giuseppe Losappio — docente all’Università di Bari e consigliere nazionale del coordinamento “No Degrado e Mala Movida” — quella contro il rumore molesto e l’abuso di alcol nelle piazze e nelle strade delle città italiane, è una crociata in cui tutti dovrebbero impegnarsi perché «il diritto alla salute dei residenti prevale su ogni interesse». Losappio ha girato il mondo e si è reso conto di come gli altri Paesi stanno cercando di risolvere il problema della movida. «Su Firenze ho la mia personale ricetta».
Quale?
«Naturalmente tutto dipende dalla volontà della politica. Ma credo che se il Comune facesse un progetto serio, e non solo spot, per spostare la movida dalle piazze e dal centro storico al Parco delle Cascine o nella zona industriale dell’Osmannoro, Firenze potrebbe risolvere, almeno in parte, il problema. Certo, bisogna fare investimenti seri e ripensare anche all’urbanistica con nuovi parcheggi, strade. Poi, cosa fondamentale, bisogna ripensare la mobilità, con mezzi pubblici e privati gratuiti o convenzionati».
Si può realizzare un quartiere solo per la movida?
«Sì, in altri Paesi ci sono riusciti».
Ci faccia qualche esempio.
«A Melbourne, in Australia, hanno delocalizzato la movida sui pontili e nel porto; a Glasgow, invece, hanno pedonalizzato tutto il centro storico e rivitalizzato il quartiere universitario dove i giovani la sera fanno ciò che vogliono senza dare noia a nessuno. Con un servizio taxi convenzionato ed efficientissimo i ragazzi possono raggiungere l’area del divertimento da qualunque punto della città. E mostrando la tessera universitaria o la carta d’identità pagano il viaggio solo cinque sterline. Ma penso anche a Lisbona dove utilizzano un dispositivo per rilevare in tempo reale le emissioni sonore dei locali e di chi è in piazza. Il sistema è collegato direttamente con le forze dell’ordine che intervengono all’occorrenza».
Ma la movida può anche essere una cosa buona?
«Forse per la lobby dei commercianti sì. Ma per chi decide di vivere in un centro storico sicuramente no. Il tessuto urbano non è fatto per la movida. Chi vuole vivere un commercio, senza criminalizzazioni, che implichi un uso massivo di suolo pubblico non lo può fare dove abitano delle persone che il giorno dopo devono andare a lavoro, che hanno delle responsabilità, che tutelano la vita degli altri. Allora finiamola con questi giochini, gli accordi, i patti... tanto soccomberanno sempre i residenti, è inevitabile. Magari andrà un po’ meglio e finiranno alle due… Ma dove sta scritto che il mio diritto di dormire comincia alle due?».
Una soluzione potrebbe arrivare dalla concertazione o dal confronto?
«La concertazione può essere una strategia ma, attenzione, ci sono due problemi di fondo. Primo: le associazioni dei locali hanno più forza in quanto rappresentano interessi forti. Secondo: la forza numerica dei residenti sarà sempre inferiore a quella della movida, intesa come fenomeno sociale».
Scelte Da Glasgow a Lisbona, loro ce l’hanno fatta Qui l’ideale sarebbe l’area dell’Osmannoro