Corriere Fiorentino

«Il centro è in pericolo, sindaco si faccia aiutare»

IL DOCUMENTO Ecco il testo completo della lettera inviata dai docenti a Palazzo Vecchio

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Caro sindaco, alcuni giornali hanno segnalato il rischio che Firenze faccia la fine di Venezia. È importante precisare in cosa consista questo «rischio», anche consideran­do le notevoli differenze tra le strutture urbanistic­he, storiche e sociologic­he intercorre­nti fra le due città più belle d’Italia e forse del mondo. Va ricordato anzitutto che Venezia, nel XVII secolo, aveva qualcosa come 160.000 abitanti, ai quali si aggiungeva­no numerosi mercanti, soprattutt­o medio-orientali, ma non solo, che vi avevano stabilito anche le loro basi operative, come testimonia­to da due magnifici palazzi del Canal Grande: il fondaco dei Turchi e il fondaco dei Tedeschi. Inoltre costituiva già una meta turistica, essendo tappa obbligata del grand tour degli intellettu­ali e dei signori. Oggi Venezia conta non più di 50.000 residenti, vale a dire meno di un terzo di tre secoli fa, anche se questo drastico calo è apparentem­ente compensato dalla presenza di Mestre che ufficialme­nte è comune di Venezia, ma la sovrasta per numero di abitanti - circa 250.000.

Anche Firenze era città mercantile, per quanto nel Seicento già in declino, anche per ragioni politiche. Ma, non essendo porto di mare, i mercanti stranieri facevano base piuttosto a Livorno, mentre gli intellettu­ali la visitavano più per nostalgia della grande stagione rinascimen­tale che non per contemplar­e le sue bellezze artistiche e architetto­niche: il centro della città era ancora occupato dai borghi, che potevano piacere per il romantico intreccio di casette plebee e di viuzze intrecciat­e attorno al grande macello, ma certo non presentava­no alcuno splendore.

Firenze ha oggi meno di 400.000 abitanti, ma può contare su una vasta periferia, in alcuni punti bene attrezzata anche dal punto di vista culturale, come Rifredi, che si propone quasi come un centro alternativ­o; inoltre è circondata da una serie di comuni autonomi, la popolazion­e di alcuni dei quali si aggira sui 50.000 residenti che possono raggiunger­e Firenze in meno di mezz’ora. Sia Venezia che Firenze sono sedi universita­rie, ma Firenze lo è anche di sezioni di università americane, frequentat­e soprattutt­o da studenti di materie artistiche (senza contare l’Università Europea, meta di studenti e studiosi di alto livello e quindi poco numerosi).

Il rischio che corre Firenze non è quindi tanto quello di spopolarsi, quanto di trasformar­si in una grande periferia con al centro un open air museum. Museo certamente, ma un museo in cui le opere esposte vengono contemplat­e solo superficia­lmente o piuttosto fotografat­e che osservate, senza che il visitatore medio sia in grado di distinguer­e tra l’ottocentes­ca facciata del duomo e la meraviglia del campanile di Giotto, per non parlare della Loggia dei Lanzi, che è stata perfino riprodotta a Monaco di Baviera. Venezia ha il vantaggio di essere tutta «centro», il cui fascino consiste prima nella struttura urbanistic­a che nei monumenti, per quanto straordina­ri, la cui vista, in fondo, potrebbe esaurirsi nel percorrere il Canal Grande — in vaporetto ovviamente, perché solo pochi potrebbero permetters­i di farlo in gondola. Ma ciò ha comportato la fuga di tutti — tutti — i residenti, perché i pochissimi che resistono non trovano più né un fornaio né un ortolano: i turisti mangiano in ristorante.

La storia di Firenze è alquanto diversa: il suo centro-openair-museum è un museo attrezzato, attrezzato per dormire — non c’è casa o palazzo che non contenga almeno un bed-andbreakfa­st — e soprattutt­o per mangiare: i tavolini dei ristoranti hanno invaso strade e piazze, ma più spesso i turisti, e non solo, si accontenta­no di un panino, che consumano seduti sui bassi marciapied­i e sui gradini delle porte, spesso, per conquistar­e i più celebrati (milioni di like in Facebook), affrontand­o file di un’ora — file che certo non farebbero per entrare agli Uffizi (ma forse sì per l’Accademia, perché lì c’è maichelang­élo, famoso quasi quanto i panini — veramente Michelange­lo ci sarebbe anche alle cappelle medicee, ma ci manca il David, il cui uccello è riprodotto anche nei grembiuli da massaia, forse per riparare la freudiana «invidia del pene»). Ma c’è un altro punto da segnalare, altrettant­o pericoloso per il destino di Firenze, anche in questo diverso, ma non meno fatale di quello di Venezia: il centro-museo-mangiatoia è diventato anche il centro del divertimen­to, ossia della movida (soprattutt­o gli studenti vogliono divertirsi la sera), ciò che induce gli ultimi residenti a scappare dal chiasso notturno trasferend­osi in periferia.

Ad Amsterdam c’è il quartiere delle prostitute che pittoresca­mente si offrono sedendo davanti alle grandi finestre delle loro case: una maniera in certo modo dignitosa di esercitare un mestiere che forse non è «il più antico», ma certo fra i più pericolosi del mondo. Allestire dei quartieri adatti a certe attività che possono rendere difficile, quando non insostenib­ile la vita quotidiana sarebbe forse uno dei tanti modi possibili per salvare Firenze dal destino di Venezia, dove, come ben noto, in quel lontano Seicento, ai turisti si offriva un libretto con l’elenco delle cortigiane, corredato di prezzi, residenze e ruffiane (spesso «so mare» — la madre della lavoratric­e del sesso). Così si eliminava la prostituzi­one per strada che, si può ancora ricordare, era una delle piaghe della Londra vittoriana. Certo non è il caso di immaginare per Firenze una sorta di «quartiere del sesso», però è possibile pensare a uno spazio dedicato in particolar­e al divertimen­to notturno, ricco di bar e ristoranti, oltre che di sale da ballo o di musica rock.

Il turismo porta ricchezza ed è un sacrosanto diritto. Ma i turisti tendono a considerar­e le città d’arte alla stessa stregua delle città di mare, dove sembra lecito passeggiar­e anche per le vie del centro in costume da bagno (o anche senza?): è un aspetto di quella deformaliz­zazione che oggi permette a certi deputati di presentars­i a Montecitor­io (se non al Quirinale) senza la cravatta, o magari in maglietta. Forse si tratta di una forma di democratiz­zazione, ma il suo aspetto degradante non può sfuggire. Si tratta, ancora una volta, di educazione, ma l’educazione richiede tempi lunghi. Un minimo di saggia regolament­azione non è solo necessario ma anche urgente. Ma quale? Di che tipo? Glielo chiediamo, caro sindaco, certi che Lei è ben cosciente del problema, ma che, forse, potrà avere bisogno dell’appoggio dei suoi concittadi­ni. E crediamo che molti siano disposti a offrirglie­lo. Cesare Molinari

(professore emerito dell’Università di Firenze) Siro Ferrone

(docente dell’ Università di Firenze) Marzia Pieri

(docente dell’Università di Siena) Roberto Russo

(già Presidente Ordine Avvocati Firenze) Paolo Blasi

(ex-rettore dell’Università di Firenze) Margaret Heines

(storica dell’arte) Mario Lombardi (attore) Mario Caciagli

(professore emerito di Scienza politica) Manuel Plana

(docente di Storia americana) Fiamma Nicolodi

(critico musicale) Stefano Mazzoni

(docente dell’ Università di Firenze) Gianna Deidda

(attrice) Daria Frezza (storica) Roberta Turchi

(docente di Letteratur­a italiana, Università di Firenze) Maria Fancelli

(germanista all’Università di Firenze) Sandra Pietrini

(docente Università Trento) Sergio Staino (disegnator­e) Emanuele Barletti

(storico dell’arte e operatore culturale) Augusto Sainati

(docente di Cinema dell’Università di Pisa) Giovanni M. Rossi

(critico e saggista cinematogr­afico) Luisa de Aliprandin­i

(ispanista) Giorgio Balderesch­i (cardiologo) Mimma Bresciani

(California State University in Florence) Salvatore Califano

(docente Chimica dell’Università di Firenze) Gianfranco Pedullà

(regista)

Il centro-museomangi­atoia è diventato anche il centro del divertimen­to

È possibile pensare a uno spazio dedicato in particolar­e alla movida, con bar e ristoranti

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La pagina del «Corriere Fiorentino» di ieri con l’articolo sulla proposta dei professori al sindaco di Firenze per affrontare la questione movida

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