Yuri porta in scena la sua storia di ragazzo autistico
Trentaquattro anni, porta in scena a Prato la sua storia di ragazzo autistico Paura, solitudine, amore, gioia: «Sono spontaneo con chi mi accetta per quel che sono»
«A spaventarmi sono le prove, non il contatto col pubblico. Durante le prove sei costretto a immaginarti le persone di fronte, le loro eventuali reazioni: lì si sprecano energie e ansie». È il mondo visto e vissuto da un altro punto di vista, quello di Yuri Tuci. Trentaquattro anni, pratese, e una storia da raccontare. La sua, a teatro. L’idea è venuta al suo amico Lorenzo Clemente, che ha riconosciuto in lui una dote innata, che si affianca e va certamente oltre l’autismo da cui Yuri è affetto.
Il protagonista raccoglie la sfida. Lo spettacolo viene scritto dai due assieme all’attore pratese Francesco Gori, che firma il suo esordio alla regia. È lui a spiegare la ratio dello spettacolo: «L’idea era quella di raccontare la sua vita. Yuri — dice Gori — è una di quelle persone che mentre ci parli, spesso, ti fa pensare: chi è fuori, lui o io?». Il titolo dello show è servito, Out is me. Una normalestoriatipica, un monito che mette ciascuno sul confine della straordinarietà senza connotazioni. La performance andrà in scena per la prima volta domani allo spazio Quilombo di Prato (i biglietti sono andati esauriti da settimane anche per le repliche di sabato e domenica). «Il mio rapporto con il teatro è cominciato da qualche anno — ci racconta Yuri — Direi che è positivo, anche se devo ammettere che nemmeno la lirica mi dispiace. Però lì ho meno chance».
Yuri gioca. Lo fa con le parole, con i videogames e con le (mille, incredibilmente mutevoli) espressioni del volto, con gli amici e con il pubblico. «La mia — continua — è una vita semplice, lavoro la mattina attraverso l’inserimento socioterapeutico al Cicognini-Rodari (una scuola superiore di Prato, ndr): aiuto i bidelli, faccio l’impiegato e a volte persino il postino. Mi piace dare una mano e mi soddisfa quando me lo riconoscono». Una vita che da nove mesi è fatta anche di una lunga serie di «spaventose» prove. «Almeno fino a questo weekend sono sposato con il mio spettacolo, esco raramente. Il mio rapporto con la società del resto è contraddittorio: quando ero adolescente ho staccato a morsi la mano di un tizio che faceva il bullo, ma poi, con il tempo, ho cominciato ad avere un rapporto ‘normale’ con le persone che conosco. Detto questo, spesso mi trovo a pensare che questa società, che si considera perbene, sia la mera maschera di stessa».
Nel monologo Yuri racconta la lotta quotidiana fra le due entità che gli appartengono, razionale e irrazionale: si parte dalla scoperta infantile della paura e si arriva al timore della solitudine di un uomo adulto. «Con chi mi accetta per come sono — spiega — non ho problemi ad essere spontaneo. Tutti abbiamo una maschera di vanità e ipocrisia, ma a me piace guardare sotto. Questa attitudine ce l’ho anche nelle passioni: non vedo mai la televisione, guardo solo documentari sul pc, perché mi piace entrare nella mente, capire la causa». Durante le prove si muove sulle assi di parquet del palco come se nella vita non avesse mai fatto altro. Il tecnico delle luci Elena Vastano spiega che «Yuri si sente le luci addosso e le segue con un istinto naturale». Eppure il suo talento è stato confuso più volte con l’ostentazione o l’esuberanza, ascritto con sufficienza agli effetti collaterali di quella sindrome che lui stesso, nella prima parte, descrive con la cura e l’incedere di uno scienziato. Poi c’è tutta la quotidianità: i bollettini dei medici, i giudizi conformisti, l’ipocrisia, le notti insonni di una famiglia che vive un’esperienza di differenze fatta di lacrime e sorrisi. E ci sono i sensi di colpa, le aspettative, le delusioni. In scena il protagonista adopera forza d’animo e ironia per conversare allo stesso tempo con il pubblico e con se stesso, rivelando il suo rapporto con il sesso, con gli psicofarmaci e con l’amore: «Questo argomento è una ferita da rimarginare. Ho avuto una storia nella quale ho capito che è difficile essere amati per quello che si è. È vero che l’amore è un compromesso, ma io non posso fingere di essere un altro». Yuri si esibirà per una nuova data dello spettacolo anche il 10 maggio all’ex chiesino di San Giovanni. Spera in «un riscontro positivo del pubblico», davanti al quale comunque non si sentirà mai spiazzato: «Mi alleno da tempo ad essere davvero me stesso di fronte agli altri, va molto peggio quando gli altri non ci sono».
Lui e gli spettatori Le prove mi spaventano più del contatto col pubblico: sei costretto a immaginarti le persone e le loro reazioni. Si sprecano ansie e energie