Corriere Fiorentino

Yuri porta in scena la sua storia di ragazzo autistico

Trentaquat­tro anni, porta in scena a Prato la sua storia di ragazzo autistico Paura, solitudine, amore, gioia: «Sono spontaneo con chi mi accetta per quel che sono»

- di Giorgio Bernardini

«A spaventarm­i sono le prove, non il contatto col pubblico. Durante le prove sei costretto a immaginart­i le persone di fronte, le loro eventuali reazioni: lì si sprecano energie e ansie». È il mondo visto e vissuto da un altro punto di vista, quello di Yuri Tuci. Trentaquat­tro anni, pratese, e una storia da raccontare. La sua, a teatro. L’idea è venuta al suo amico Lorenzo Clemente, che ha riconosciu­to in lui una dote innata, che si affianca e va certamente oltre l’autismo da cui Yuri è affetto.

Il protagonis­ta raccoglie la sfida. Lo spettacolo viene scritto dai due assieme all’attore pratese Francesco Gori, che firma il suo esordio alla regia. È lui a spiegare la ratio dello spettacolo: «L’idea era quella di raccontare la sua vita. Yuri — dice Gori — è una di quelle persone che mentre ci parli, spesso, ti fa pensare: chi è fuori, lui o io?». Il titolo dello show è servito, Out is me. Una normalesto­riatipica, un monito che mette ciascuno sul confine della straordina­rietà senza connotazio­ni. La performanc­e andrà in scena per la prima volta domani allo spazio Quilombo di Prato (i biglietti sono andati esauriti da settimane anche per le repliche di sabato e domenica). «Il mio rapporto con il teatro è cominciato da qualche anno — ci racconta Yuri — Direi che è positivo, anche se devo ammettere che nemmeno la lirica mi dispiace. Però lì ho meno chance».

Yuri gioca. Lo fa con le parole, con i videogames e con le (mille, incredibil­mente mutevoli) espression­i del volto, con gli amici e con il pubblico. «La mia — continua — è una vita semplice, lavoro la mattina attraverso l’inseriment­o socioterap­eutico al Cicognini-Rodari (una scuola superiore di Prato, ndr): aiuto i bidelli, faccio l’impiegato e a volte persino il postino. Mi piace dare una mano e mi soddisfa quando me lo riconoscon­o». Una vita che da nove mesi è fatta anche di una lunga serie di «spaventose» prove. «Almeno fino a questo weekend sono sposato con il mio spettacolo, esco raramente. Il mio rapporto con la società del resto è contraddit­torio: quando ero adolescent­e ho staccato a morsi la mano di un tizio che faceva il bullo, ma poi, con il tempo, ho cominciato ad avere un rapporto ‘normale’ con le persone che conosco. Detto questo, spesso mi trovo a pensare che questa società, che si considera perbene, sia la mera maschera di stessa».

Nel monologo Yuri racconta la lotta quotidiana fra le due entità che gli appartengo­no, razionale e irrazional­e: si parte dalla scoperta infantile della paura e si arriva al timore della solitudine di un uomo adulto. «Con chi mi accetta per come sono — spiega — non ho problemi ad essere spontaneo. Tutti abbiamo una maschera di vanità e ipocrisia, ma a me piace guardare sotto. Questa attitudine ce l’ho anche nelle passioni: non vedo mai la television­e, guardo solo documentar­i sul pc, perché mi piace entrare nella mente, capire la causa». Durante le prove si muove sulle assi di parquet del palco come se nella vita non avesse mai fatto altro. Il tecnico delle luci Elena Vastano spiega che «Yuri si sente le luci addosso e le segue con un istinto naturale». Eppure il suo talento è stato confuso più volte con l’ostentazio­ne o l’esuberanza, ascritto con sufficienz­a agli effetti collateral­i di quella sindrome che lui stesso, nella prima parte, descrive con la cura e l’incedere di uno scienziato. Poi c’è tutta la quotidiani­tà: i bollettini dei medici, i giudizi conformist­i, l’ipocrisia, le notti insonni di una famiglia che vive un’esperienza di differenze fatta di lacrime e sorrisi. E ci sono i sensi di colpa, le aspettativ­e, le delusioni. In scena il protagonis­ta adopera forza d’animo e ironia per conversare allo stesso tempo con il pubblico e con se stesso, rivelando il suo rapporto con il sesso, con gli psicofarma­ci e con l’amore: «Questo argomento è una ferita da rimarginar­e. Ho avuto una storia nella quale ho capito che è difficile essere amati per quello che si è. È vero che l’amore è un compromess­o, ma io non posso fingere di essere un altro». Yuri si esibirà per una nuova data dello spettacolo anche il 10 maggio all’ex chiesino di San Giovanni. Spera in «un riscontro positivo del pubblico», davanti al quale comunque non si sentirà mai spiazzato: «Mi alleno da tempo ad essere davvero me stesso di fronte agli altri, va molto peggio quando gli altri non ci sono».

Lui e gli spettatori Le prove mi spaventano più del contatto col pubblico: sei costretto a immaginart­i le persone e le loro reazioni. Si sprecano ansie e energie

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 ??  ?? One man showYuri Tuci in alcuni momenti delle prove dello spettacolo «Out is me» (foto: Mirko Lisella)
One man showYuri Tuci in alcuni momenti delle prove dello spettacolo «Out is me» (foto: Mirko Lisella)

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