Baresi allenò Davide: «Era già un uomo a diciassette anni»
L’ex capitano allenò Davide al Milan. Il tributo di San Siro al numero 13
Quegli occhi. Quel sorriso. Quel cuore enorme e gentile. Davide era così, fin da ragazzino. Basta chiedere a chi, il piccolo Astori, l’ha visto crescere. Giovane promessa che, al Milan, tentava la scalata al calcio dei grandi. A quei colori, Davide, era rimasto affezionato e quell’esperienza l’ha portata con sé, facendone tesoro per diventare un giocatore vero.
C’è un uomo però che più di ogni altro lo ha aiutato a crescere. Un uomo che, con la maglia del Milan (e della Nazionale), ha scritto la storia. Numero 6, braccio alzato per chiamare il fuorigioco, palla al piede e testa alta. Quell’uomo, per due anni, è stato l’allenatore di Astori. Parli con Franco Baresi, e ti accorgi di quanto sia vivo, dentro di lui, il ricordo di quelle stagioni. «Era il 2004, guidavo la Primavera rossonera — racconta l’ex capitano del Diavolo al Corriere Fiorentino — e Astori era uno dei ragazzi più importanti di quella squadra».
Lo ascolti, e ti sembra di vederli, sul campo. Uno dei difensori più forti di sempre e l’altro, il giovanissimo Davide, pronto ad assorbirne ogni segreto. «Era un ragazzo attentissimo — prosegue Baresi — e questo mi ha sempre colpito. Di solito, soprattutto a quell’età, i giocatori si annoiano quando cerchi di insegnarli i giusti movimenti. Lui no. Voleva capire tutto alla perfezione». Una passione, quella per le metodologie di allenamento, che lo stesso Davide avrebbe poi raccontato. E poi quel volto. La capacità di sorridere sempre.
Franco Baresi ne parla, e la voce trema. «Ho davanti ai miei occhi il suo sorriso, aveva una voglia di vivere straordinaria». Era Davide, per intendersi, già da ragazzo. «Era semplice, e incredibilmente educato». Merito suo, e della sua famiglia. «Vero — spiega Baresi — ho conosciuto suo padre e non mi sorprende che abbia tirato su un figlio come Davide. Aveva alle spalle una famiglia straordinaria, che gli ha insegnato valori che gli hanno permesso di diventare l’uomo speciale che tutti hanno conosciuto». Per farla breve «Astori era un esempio per tutti», già a quell’età. Per questo, la sua morte, ha lasciato un vuoto impossibile da colmare.
Un dolore violento, che Baresi non riesce a cancellare dal cuore. «Quando mi hanno dato la notizia non ci volevo credere e, ancora oggi, mi capita di chiedermi se sia vero. Una morte così, di un ragazzo con quella forza, nel pieno della sua carriera….». Si ferma, Baresi, travolto dall’emozione. Domenica, quando vedrà le maglie della Fiorentina accarezzare il prato di San Siro, non potrà non pensare a lui. «A Firenze aveva trovato il suo posto nel mondo. La squadra e la società giusta per esprimere al meglio le sue qualità. Tecniche, ed umane».
Non a caso, dei viola, era diventato quello che Baresi era per il Milan: il Capitano. «Non mi stupisce che avessero scelto lui come simbolo». E così, anche domenica, si giocherà nel suo nome. Il club rossonero (su precisa volontà dei giocatori) è pronto a omaggiarlo. Come? Prima di tutto facendo accompagnare le due squadre (al momento dell’ingresso in campo) da bambini che vestiranno tutti le maglia numero 13 di Fiorentina e Milan. «Perché alle nuove generazioni vanno trasmessi i valori che incarnava Davide», spiegano dalla società rossonera. Ma non solo. Sono pronte immagini, forse qualche video, grafiche particolari che saranno proiettate sul maxischermo. Senza escludere sorprese, anche da parte della curva milanista. Di certo, per l’ennesima volta, saranno brividi. Sempre, e comunque, in nome di Davide.
Aneddoti
Gli altri si annoiavano, lui era attentissimo A Firenze aveva trovato il suo posto nel mondo