Corriere Fiorentino

NEI GAZEBO E SULLA RETE

- Di Paolo Ermini

La Lega si appresta dunque anche in Toscana a chiedere ai suoi militanti che ne pensano del «contratto» da stipulare con i Cinque Stelle per dare un governo al Paese. Così come Di Maio e C. hanno annunciato di voler consultare via web il loro mondo. Saranno due modi diversi per condivider­e un passo assai impegnativ­o o uno stratagemm­a per dirsi di no senza perdere la faccia? Fatto è che si ricorre al «popolo», cuore dei valori rivendicat­i dalle forze che non nascondono la loro vocazione populista. Ma il populismo è davvero un pericolo per la democrazia? Al convegno di lunedì scorso nella sede della Fondazione delle Bibliotech­e della Cassa di Risparmio in via Bufalini per la presentazi­one del libro del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana («Un Paese senza leader»), Ginevra Cerrina Feroni, docente di diritto costituzio­nale, ha invitato a evitare banalizzaz­ioni e demonizzaz­ioni. Se populismo, ha detto in sostanza, significa recuperare nella sua pienezza il concetto di rispetto della volontà popolare, siamo proprio nel solco tracciato dalla Costituzio­ne. E non sono condivisib­ili gli attacchi a quei leader politici che si mettono più di altri in sintonia con la sensibilit­à dell’opinione pubblica. D’altra parte, il populismo non c’è solo nelle parole d’ordine o nelle strategie di Lega e Cinque Stelle. Buone dosi di populismo hanno accompagna­to la lunga stagione di Silvio Berlusconi, che proprio così ha conquistat­o il consenso del «popolo» dei centri commercial­i. Così come anche Matteo Renzi ha puntato nella sua ascesa su atteggiame­nti e segnali che tendevano a stabilire un rapporto diretto con la «gente», superando la mediazione di tutti i corpi intermedi tanto cari al cattolices­imo politico. E cominciand­o a rincorrere i grillini sul campo a loro più congeniale: moralità e costi della politica. Com’è finita si è visto: l’originale è stato più apprezzato della copia.

La discussion­e su portata e metodi del populismo è tutt’altro che accademica. Rilanciata proprio in questi giorni dalla duplice iniziativa di Di Maio e di Salvini per ottenere il via libera, oppure lo stop, al varo del governo gialloverd­e. Il problema resta quello della scarsa trasparenz­a, mai affrontato sul serio e risolto (basta pensare ai finanziame­nti della politica, dalla Prima Repubblica fino a Renzi), ma è proprio con i Cinque Stelle che la fumosità dei processi decisional­i è diventata un nodo cruciale.

La consultazi­one dei prossimi giorni avverrà sulla piattaform­a Rousseau, lo strumento che il M5S usa per verificare il grado di consenso delle proprie scelte. Ma nessuno può garantire che i risultati delle consultazi­oni online non vengano in qualche modo aggiustati in base alle convenienz­e. Già in occasione della formazione delle liste elettorali sono emersi dubbi, con relative aspre polemiche. Il populismo non può essere l’arte di far sembrare decisivo il ruolo del popolo. E l’uso della tecnologia non può alimentare aloni di mistero. Sennò tanto vale affidarsi ai vecchi gazebo piazzati nelle strade, come intende fare Matteo Salvini. Se non altro si vedranno a occhio nudo. Come quelli che ci andranno per dire sì o no.

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