A Sesto, aspettando la riapertura Tra gli ottomila pezzi nelle teche polverose
Casciu: mettiamo in sicurezza il tetto. A giorni i ponteggi
Nell’aria un odore acre di muffa, la polvere annebbia la bellezza di sculture monumentali alcune del valore di un milione e per questo andate in mostra altrove in qualche occasione. È la fotografia del Museo di Doccia, oggi, a quattro anni dalla chiusura, era il maggio del 2014. La visita riservata ai giornalisti è a carico del soprintendente del polo museale della Toscana, Stefano Casciu (sopra), che annuncia l’apertura del cantiere, almeno per la messa in sicurezza del tetto minacciato dalle acque piovane, e dell’ex curatrice Oliva Rucellai. «Vedete questo giardino pieno di sterpaglie? — esordisce — si pensa di trasformarlo in un parco pubblico, arredato e piacevole anche per i bambini». La forma si presta, eccome. Entrare dentro la struttura è un’esperienza imprevista: non c’è aria, niente finestre e il sistema di areazione non funziona. Ma Rucellai continua imperterrita chiaramente affezionata al luogo. «Qui al piano terra, ci sono gli uffici e la biblioteca. L’archivio che documenta l’attività della manifattura di Doccia, dopo la chiusura, lo abbiamo spostato all’archivio di Stato, ma tornerà al suo posto. La magnificenza di un’eccellenza tutta toscana nata oltre due secoli fa nell’attiguo stabilimento, mostra i suoi frutti al piano superiore. Ci attrezziamo con foulard e fazzolettini di carta per non respirare quell’aria viziata e andiamo su. Una sala immensa, lunghissima e luminosa, custodisce 8.000 pezzi, tra sculture e oggetti d’epoca, e roba minore. È quasi tutto nelle teche, annebbiate da polvere e detriti. Abbiamo visto una splendida collezione di biscuit, ovvero porcellane bianche non verniciate, servizi di piatti e tazze commissionate da grandi famiglie, una collezione curiosa di piatti e vasellame «a paesi», cioè riproducenti luoghi d’Italia e d’Europa. La maiolica, meno pregiata della porcellana, non è da meno quanto a bellezza ed eleganza, e poi un’inimmaginabile collezione di servizi di design industriale, attualissimi. Il museo è stato valutato da 10 a 40 milioni, spiegano Casciu e Rucellai, ma ora è dello Stato, che lo ha acquistato per molto meno. Settecento euro per acquistarlo a fronte di 3 milioni di sgravi dalle tasse. Ora la palla passa alla Fondazione e ai novelli mecenati. E poi c’è la raccolta fondi di Artigianato e Palazzo. «Sarà un museo d’impresa, che farà formazione, precisa Casciu. Un’operazione culturale molto importante».
Sguardo al futuro «Il giardino? Si pensa di trasformarlo in un parco, adatto anche ai bambini»