UTOPIE SOCIAL E DISFATTE REALI
Domenica si vota in Toscana in sei Comuni sopra i 15 mila abitanti, di cui tre sono capoluoghi di provincia: Massa, Pisa e Siena. Primo test per la nuova maggioranza di governo. Ma soprattutto per il Pd e il centrosinistra. Che rischia di perdere la sua storica leadership in Toscana: nella prima repubblica solo Lucca non votava a sinistra, mentre a partire dal 2014 non sono più guidate dal centrosinistra Arezzo, Pistoia e tutta la costa, salvo Pisa e Massa. Che però con Siena potrebbero, tra il primo turno e l’eventuale ballottaggio, voltare le spalle al centrosinistra. In mano al Pd resterebbero così solo tre capoluoghi su dieci: Firenze, Prato e Lucca. Una catastrofe politica. C’è da chiedersi se esista ancora un predominio del centrosinistra nella nostra regione. Perché ormai appare chiaro: se non vince al primo turno, il Pd al secondo perde. Come è successo a Grosseto, Livorno e Pistoia. La sinistra radicale o vota M5S o si astiene mentre centrodestra e grillini si uniscono per far perdere il Pd. C’è chi nel centrosinistra spera che il nuovo governo Di Maio-Salvini induca molti elettori tradizionalmente di sinistra ad uscire dal letargo e ad appoggiare il candidato del Pd. Magari turandosi il naso. Spinti dall’esigenza, in attesa del meglio, di scegliere il meno peggio. Gli occhi sono rivolti soprattutto a Pisa. La più popolosa (72.221 elettori). La più rossa (qui è nato il ’68). Quella in cui la sinistra radicale ha raccolto alle Politiche un bottino di oltre l’8 per cento, che farebbe molto comodo al candidato del Pd Andrea Serfogli, in caso di ballottaggio. Ma qui, come altrove, alla sinistra del Pd si respira un clima niente affatto favorevole alla ricomposizione del centrosinistra. Non sono ancora cicatrizzate le ferite della scissione ed è profondo l’astio politico nei confronti di Renzi. Conta poi lo smarrimento del Pd dopo la sconfitta del 4 marzo: non si sa più cosa sia. Sparito. E pesa infine un antico retaggio della sinistra massimalista che vede nel nuovo governo pericoli di fascismo e si indigna per le prime mosse di Salvini, ma che al gioco democratico delle urne, fatto di alleanze e pragmatismo, preferisce il lavacro rigenerante e utopico dell’opposizione in piazza. E poco importa se la nuova piazza è quella dei social network, dove le anime belle e pure che sognano la rivoluzione possono con un clic sfogare rabbia e utopie da tastiera, mentre i seguaci di Salvini e Di Maio sono intenti a conquistare anche la Toscana rossa.