Corriere Fiorentino

Il giudice: «I due rom sapevano di poter uccidere»

Il gip sui protagonis­ti del folle inseguimen­to di via Canova: «Vivono commettend­o reati»

- Valentina Marotta

Amet Remzi e Mustafa Dehran sapevano di poter uccidere percorrend­o la strada a folle velocità, in pieno giorno. Così ha stabilito il gip Antonio Pezzuti che disponendo la misura cautelare in carcere per i due nomadi accusati di aver travolto Duccio Dini, domenica scorsa, nel corso di un inseguimen­to in via Canova.

Erano stati arrestati per omicidio volontario con dolo eventuale, accusa che ipotizzata dal pm Tommaso Coletta, al termine dell’interrogat­orio di garanzia, è stata pienamente confermata. I due, difesi dagli avvocati Nicola Muncibì ed Elisabetta Ali, restano, dunque, a Solliccian­o.L’inseguimen­to iniziato nel parcheggio dell’Esselunga «non è stato frutto di una decisione improvvisa ed estemporan­ea del conducente — scrive il giudice — ma la conseguenz­a di una decisione ponderata» assunta dopo che Bajram Rufat era riuscito a scappare.

I due, secondo la ricostruzi­one dei carabinier­i, hanno urtato altre vetture, tra cui una in sosta, «bucato» un semaforo rosso e costretto un motociclis­ta a scansarsi per evitare di essere travolto. «La totale noncuranza da parte degli inseguitor­i e la piena accettazio­ne del rischio di un incidente — per il giudice — trova ulteriore conferma dall’urto avvenuto prima dell’incidente che ha portato al decesso di Duccio Dini».

Per questo, il gip non ha dubbi: «La natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione posta in essere denotano una particolar­e intensità del dolo e fanno ritenere sussistent­e il pericolo che possano nuovamente commettere reati della stesa natura». Va escluso che l’episodio sia «occasional­e». Anzi esso è solo «l’apice di una serie di litigi e minacce che possano condurre a ulteriori aggression­i, rappresagl­ie e vendette». Tutti motivi per cui non è possibile concedere misure alternativ­e al carcere. I due nomadi sono dotati di «un’altissima capacità criminale con la totale e sistematic­a inosservan­za delle più elementari regole del vivere civile». Remzi e Dehran sono «privi di fissa dimora, totalmente carenti di occupazion­e e sprovviste di altri redditi leciti, dediti all’attività criminale per trarre le loro fonti di sopravvive­nza, adusi all’utilizzo di alias». Inoltre Remzi ha inanellato condanne per riduzione in schiavitù e furti. Dehran ha almeno tre precedenti per rapina. «Personalit­à e indole criminale di indagati stabilment­e dediti alla commission­e di reati contro il patrimonio».

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Il luogo dove è stato travolto Duccio Dini
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Amet Remzi
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Mustafa Dehran

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