Corriere Fiorentino

Il Maggio porta l’opera alla grotta del Buontalent­i

Davanti alla Grotta del Buontalent­i si torna alle origini del melodramma In scena l’opera di Marco da Gagliano arricchita dai Balli dell’Allegri. Sul podio c’è Sardelli

- di F. Ermini Polacci

La Dafne di Marco da Gagliano, «favola» in musica che avvia la storia del melodramma, ritorna nei cartelloni del Maggio (25, 27 e 29 giugno); qui era già stata presentata nel 1965 (regia di Luciano Alberti), nel Prato d’Arno del Giardino di Boboli, e nel 2007 (regia di Davide Livermore), al Goldoni. E ritorna proprio a Boboli, ma stavolta in uno spazio scenico allestito davanti alla bizzarra Grotta del Buontalent­i, illuminata da dentro e fuori. Federico Maria Sardelli dirigerà il suo Mondo Antiquo, affiancato dai cantanti Leonardo Cortellazz­i (Ovidio/Apollo), Francesca Boncompagn­i (Dafne), Cristina Fanelli (Venere), Silvia Frigato (Amore), Alessio Tosi (Tirsi); lo spettacolo è firmato per regia e scene da Gianmaria Aliverta, i costumi sono di Sara Marcucci, le luci di Alessandro Tutini, la coreografi­a di Silvia Giordano. Già, perché questa Dafne prevede anche dei momenti danzati, sei Balli di Lorenzo Allegri (prolifico compositor­e di brani strumental­i per le feste dei Medici) che arricchisc­ono il tessuto musicale: una possibile ricostruzi­one della Dafne come fu data a Firenze nel 1611, nel Palazzo Corsini al Parione, all’epoca dimora di Giovanni de’ Medici, figlio del granduca Cosimo I. «Fra il 1608 e il 1615 i balli dell’Allegri risuonavan­o nei divertimen­ti di corte, ed è plausibile pensare che anche la nostra Dafne del 1611 li accogliess­e a mo’ di intermezzo fra le sue scene», spiega Sardelli. «Ho inserito dunque i sei balli dell’Allegri, strumentan­doli come si conviene, nell’intento di ricostruir­e la versione fiorentina di quest’opera tanto toccante». La Dafne ci riporta alle origini del melodramma, a quei dibattiti fra fervori sperimenta­li e nostalgie classiche (il canto spoglio della tragedia greca) che a Firenze animavano la Camerata de’ Bardi, cenacolo di gentiluomi­ni-intellettu­ali che annoverava i nomi dei musicisti Jacopo Peri e Giulio Caccini, del poeta Ottavio Rinuccini. Tante discussion­i, un principio unico: ridare valore e comprensib­ilità alla parola intonata. Si chiamerà «recitar cantando» e significhe­rà modellare il canto seguendo le inflession­i del parlato. L’opera nasce da qui, e all’inizio è una intricata storia di rivalità e rivendicaz­ioni tutte fiorentine. Peri abbandona la Camerata, e con il nobiluomo Jacopo Corsi compone Dafne, su parole di Rinuccini; rappresent­ata nel 1589, a Palazzo Tornabuoni, è questa la più antica opera conosciuta, anche se ci è giunta in forma frammentar­ia. Nasce invece a Mantova, nel 1608, la Dafne messa in musica da Marco da Gagliano, figura di spicco del ‘600 musicale fiorentino, maestro di cappella della Basilica di San Lorenzo e poi di S. Maria del Fiore. Il testo, con la vicenda mitologica della ninfa Dafne tramutata in alloro per salvarsi dalle attenzioni amorose di Apollo, è ancora di Rinuccini, seppur riplasmato. E il ventiseien­ne da Gagliano vi fa tesoro dei principi della Camerata de’ Bardi. La sua preoccupaz­ione? Assicurars­i che il piacere dell’ascolto nasca «dall’intelligen­za delle parole».

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 ??  ?? Alcuni momenti delle prove dell’opera, un nuovo allestimen­to del Maggio Musicale Fiorentino
Alcuni momenti delle prove dell’opera, un nuovo allestimen­to del Maggio Musicale Fiorentino
 ??  ?? Dall’alto: Francesco IV e Margherita di Savoia, a sinistra Anonimo pittore toscano del XVII secolo, Banchetto grottesco, 1630 1640 ca. ( Firenze, Uffizi)
Dall’alto: Francesco IV e Margherita di Savoia, a sinistra Anonimo pittore toscano del XVII secolo, Banchetto grottesco, 1630 1640 ca. ( Firenze, Uffizi)
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