«Di Maio alla Bekaert» Ma lui è a pranzo lì vicino
Figline, voci sull’arrivo del ministro Di Maio. Ma lui è a pranzo nella vicina Montevarchi
Prima notte di occupazione alla Bekaert di Figline. Il vescovo: «Sono vicino agli operai». E nel pomeriggio si diffonde la voce dell’arrivo del ministro Di Maio, ma lui è a pranzo in un ristorante di Montevarchi.
Ore 2.30, l’asso di cuori rimbalza sul tavolo. «Briscola» urla qualcuno. Quattro operai seduti in cerchio, un capannello di spettatori intorno. Il gioco inganna la rabbia. Regine di fiori, fanti di quadri. Tutt’intorno è desolazione. Macchinari spenti, incordatrici che non incordano più.
Così scorre la notte alla Bekaert. È la prima a braccia incrociate. Gli operai sono in sciopero, assemblea permanente dentro la fabbrica. I turni restano gli stessi. Chi fa la notte, viene qui di notte. Un operaio ha portato un pallone, ma nessuno è in vena di giocare.
Sono passate appena 48 ore dalla doccia gelata: 318 operai licenziati, l’azienda che chiude. È stata questa la comunicazione ufficiale recapitata da Yvan Lippens, il numero uno dell’azienda belga. Stupore tra gli operai, quasi tutti uomini, quasi tutti cinquantenni con famiglia. Stupore in tutto il Valdarno. Il vescovo di Fiesole, Mario Meini: «C’è sconcerto nell’apprendere la notizia dell’improvvisa chiusura dello stabilimento — si legge in una nota — sono vicino ai 318 lavoratori e alle loro famiglie». Poi assicura la massima disponibilità verso le istituzioni e verso la città di Figline e la partecipazione alle iniziati di solidarietà. Infine l’invito «alla comunità cristiana e alle parrocchie a promuovere momenti particolari di preghiera per favorire la costruzione di un mondo del lavoro rispettoso della persona umana e del bene comune». Per il 29 giugno è convocato un Consiglio comunale in piazza Ficino a F con l’invito a tutti gli amministratori e i cittadini del Valdarno.
Nel frattempo, le ore scorrono senza lavoro. Alle 12 alcune ragazze della zona si presentano davanti ai cancelli della fabbrica. Portano ai lavoratori la solidarietà, hanno in mano scatole di pizza fumante. E loro ringraziano. Il piazzale della Bekaert sta diventando un luogo di incontro. I lavoratori, anche quelli che non sono di turno, vengono qui per ingannare il tempo, per confortarsi l’un l’altro, per trovare risposte che (per ora) non ci sono. I colleghi di lavoro si scoprono amici. Marino ha tre tatuaggi, uno sulla caviglia e due sulle braccia. Sono i nomi delle tre figlie: Sofia, Vittoria, Francesca. «Ieri sono rientrato in casa e la più piccola, 4 anni, mi è venuta incontro chiedendomi come avremmo fatto a trovare da mangiare senza lavoro». Quella scena gli resterà dentro per sempre: «Accusi il colpo, una frase del genere ti massacra».
Andrea cerca di sorridere, ha il tatuaggio e un braccialetto del Torino: «Stasera porto il pallone e si fa una partitella nel piazzale. Non ci sono le porte, ma ci arrangeremo, come quando eravamo ragazzi». Gli operai entrano ed escono, arrivano in maglietta e pantaloncini corti. «Prendiamo il sole, almeno quello». Passano i politici a portare solidarietà: i consiglieri regionali, quelli comunali, i sindaci del Valdarno. Nel pomeriggio si sparge una voce: «Sta arrivando Luigi Di Maio». In realtà il ministro del Lavoro è in un ristorante di Montevarchi, a una decina di chilometri. Ma solo di passaggio e non arriverà qui. Il sindacalista Fabio Franchi (Cisl Firenze) fa appello proprio a lui: «Chiediamo il massimo impegno al ministro del Lavoro, che ha sempre detto di voler fermare le delocalizzazioni». Il rischio è proprio quello, che la produzione si trasferisca nell’Est Europa. Gli operai sperano nella riunione di martedì al Ministero.