DAL POPOLARE AL NOBILE LA MUTEVOLE IDENTITÀ, IN (QUASI) 10 CHILOMETRI
Dall’Anconella all’Anconella: trattata la via dove ha sede l’antico gazometro, ecco giungere una richiesta di parlare del parco: ma giacché l’etimologia dell’odonimo della prima corrisponde a quella del toponimo del secondo, vale la pena soffermarsi piuttosto sulla via che viene brevemente fiancheggiata da detto parco. Vale la pena anche perché, applicando la regola del noto meme «sono un fiorentino semplice», il fiorentino semplice in via di Villamagna ci va solo per sentire il reggae al Cpa e per prendere il fresco al parco suddetto.
E sbaglia, tal fiorentino semplice, perché via di Villamagna di storia non ne racconta solo una, quella della Firenze popolare del suo primo tratto — ciò che il Bargellini, per ragioni di stretto tornaconto politico, a suo tempo descriveva come il «nuovo elegante quartiere intitolato ai nomi degli stati e delle città» — ma cinque. Si chiama infatti Villamagna il paesino posto sul piccolo altopiano su cui sorge la Pieve di San Donnino, e con esso tutto il territorio attorno al poggio dell’Incontro e Poggio a Luco: e dalla nostra piazza Ravenna, lì allo sbocco del ponte da Verrazzano, fino alla porta della Pieve, sono quasi dieci (nove virgola sette, in effetti) chilometri, il che ne fa una delle strade più lunghe di Firenze, e certo una di quelle con la più mutevole identità. Via di Villamagna passa infatti dai condominî all’aspetto di un vago borgo ottocentesco, da quadro del Fattori, per crescere verso una dimensione padronale e nobiliare, coi muretti di pietre a bordo strada che normalmente ci si aspetterebbe di trovare sulle traverse della Bolognese, intorno a Fiesole o a Bellosguardo; poi decade a sparsa campagna solo vagamente inurbata e piuttosto brulla, come a suggerire la fine di ogni bellezza, ma solo per offrire, a chi osa spingersi oltre, una inaspettata, e amabile, menzogna: quella che viene a manifestarsi a chi non recede è infatti una campagna più rude, montuosa e pittoresca: quella in cui si insediarono, intorno all’anno Mille, i feudatari Lambardi, e dove poi ebbero poi le loro tenute estive i Bartoli, i Canigiani, i Castelli, i Cavalcanti, i Compiobbesi, i Covoni, i Gianfigliazzi, i Lapaccini, i Masi e i Tanagli, tutte famiglie più avvedute dei Castelli, che il loro «Casone» se lo comprarono dai monaci vallombrosani proprio dove oggi stanno la galleria filtrante, i pozzi e i canali di ravvenamento dell’acquedotto dell’Anconella.