CHE ERRORE MOBILITARE LA PIAZZA SUL CASO ROM
Le reazioni violente, evocative anche di sconcertanti parallelismi tra la situazione politica attuale e quella di un infame passato nazifascista, da parte di esponenti politici e noti «guru» della sinistra a fronte delle prime mosse del nuovo governo meritano alcune riflessioni.
Colpisce la durezza degli attacchi contro il ministro Salvini, che su Il Fatto quotidiano Furio Colombo ha paragonato al criminale nazista Eichmann, uno dei protagonisti dello sterminio degli ebrei. Espressione di questo clima politico esasperato può considerarsi anche l’appello congiunto del sindaco Nardella e del governatore Rossi ad una mobilitazione per domani a Firenze contro il rischio di potenziali nuove forme di razzismo. Un’iniziativa che sembrerebbe più dettata da pregiudizi verso il nuovo esecutivo piuttosto che da un’autentica volontà di affrontare i nodi cruciali della gestione dei migranti e quelli riguardanti la grave situazione dei campi rom.
Sulla prima questione il presidente del Consiglio Conte sta cercando di arrivare a una soluzione condivisa tra gli Stati europei, affinché l’Italia non sia più lasciata sola a fronteggiare un’emergenza migratoria. Quanto all’argomento rom, è del tutto evidente che un censimento su base razziale (vedi le leggi del ‘38 contro gli ebrei) è contrario all’art. 3 della Costituzione. Ma lo Stato ha il diritto-dovere di conoscere, da parte di chi abita nei campi, quei medesimi dati attraverso cui noi tutti siamo identificati e «censiti». Tutti i nostri dati, ad eccezione di quelli sensibili, sono di pubblico dominio ed è giusto che sia così anche per chi vive nei campi rom. L’art. 14 della Costituzione dice: «Il domicilio è inviolabile... Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di ordine pubblico sono regolati da leggi speciali». E l’art. 30: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». In base alla Costituzione sono, dunque, ammissibili, oltreché auspicabili, censimenti e controlli in tutte quelle fattispecie sociali ove risultino sia situazioni di degrado igienico-sanitario-ambientale, sia di inadempienze nello svolgimento di funzioni genitoriali e pedagogiche nei confronti dei minori. E i campi rom con le loro notorie problematiche lo sono. Su di essi si è formato un paravento di «non detto» e di «non dicibile» che né i governi della destra né quelli della sinistra sono finora riusciti a scardinare. Si parla della piaga dei campi nomadi solo quando avvengono tragedie eclatanti, come successo di recente a Firenze, dove ha perso la vita un ventenne travolto da uno scontro di auto guidate da rom residenti nel campo del Poderaccio. Ma, superato il tempo dello sdegno e del dolore, il terribile evento sfuma nell’attualità delle cronache. In un’accettazione finora complice e «politicamente corretta» dello status quo. Sicuramente l’azione del ministro Salvini potrà portare ad un qualche risultato concreto solo se ci sarà una stretta condivisione di intenti e di interventi tra le varie istituzioni pubbliche, magistratura compresa. Di contro, questa sorta di «chiamata alle armi» proclamata dal sindaco di Firenze e dal governatore della Toscana non potrà che alimentare un clima già molto avvelenato. Ma a chi servirà?