La terza vita del playmaker delle mille battaglie legali
Quando giocava a basket, nelle situazioni più difficili, inventava una penetrazione impensabile o tirava a canestro da distanze siderali. Scelte nette, imprevedibili. E spesso faceva canestro. Luigi De Mossi, avvocato, candidato civico vincente di una coalizione di centrodestra in cui oltre alla Lega è andata benissimo anche la sua lista civica, è diventato il primo sindaco di Siena, non di centrosinistra, probabilmente ricordando anche quelle mosse sul parquet. Gli schemi però li ha fatti lui. Quando ha deciso di scendere in campo, prima di tutto, ha lasciato il suo incarico di Mangino (il primo collaboratore del Capitano) della Contrada del Nicchio, «perché — disse — non ci possono essere commistioni fra la passione di Contrada e l’impegno politico».
Poi, partito nel suo viaggio come leader di una coalizione di liste civiche, ha cambiato in corsa. Senza mai ammainare il vessillo del proprio essere «civico», ha intessuto rapporti e relazioni con i partiti del centrodestra, trovando soprattutto in Stefano Mugnai (Forza Italia), Manuel Vescovi (Lega) e Giovanni Donzelli (Fdi), gli interlocutori giusti. Così anche a Siena è stato possibile adottare lo schema 1-3-1 già vittorioso a Grosseto, ad Arezzo e Pistoia: un candidato civico, tre forze di centrodestra, una lista civica del sindaco. De Mossi ha potuto puntare tutto sulla prospettiva del cambiamento, perché ha reso credibile il ribaltone anche in virtù della coerenza prepolitica che si è guadagnato. Nella sua attività professionale — che non lascerà del tutto — è stato spesso protagonista di battaglie legali in controtendenza rispetto a quei poteri senesi che negli anni scorsi erano dominanti: nel processo sulla gara per l’aeroporto di Ampugnano tutelava i comitati cittadini.
Quel processo si è chiuso con le assoluzioni dei vertici del Monte dei Paschi, ma è in quella fase istruttoria che sono emersi elementi decisivi per avviare le indagini sulle responsabilità del tracollo della banca. Ha difeso i lavoratori di «Fruendo» che ha sfoltito gli organici del Monte dei Paschi. È avvocato di piccoli azionisti nel processo in corso a Milano contro i vertici di Mps. È stato il legale dei bloggers senesi quando sono stati portati in tribunale dagli esponenti dei «Palazzi» senesi. E difende decine di contradaioli nel processo, ancora in corso, intentato dalla Procura di Siena per gli scontri in Piazza nel dopo Palio.
E li ha difesi gratis. Così è stato più credibile, quando ha inalberato le insegne del cambiamento, rispetto al tandem composto dal sindaco Pd uscente Bruno Valentini e dall’ex sindaco di centrosinistra Pierluigi Piccini. Apparentati, dopo essere stati strenui avversari fino al 10 giugno, come ultima ratio per scongiurare il tracollo, dovuto soprattutto alla distanza sempre più evidente tra il Pd e la città. E non premiati nel tentativo di dipingere l’avversario come una creatura di Salvini, che pure per due volte è venuto a Siena, certamente portando fieno nella cascina dell’avvocato. Ma c’era altro in giro, più «local», meno mutuabile dal trend nazionale: non un gelido vento di destra, ma un profondo bisogno di alternanza nel governo della città tradita dalla sinistra.
A De Mossi, negli ultimi giorni convulsi di campagna elettorale, hanno urlato anche «fascista». Ed è stato l’unico momento in cui la sua abilità oratoria dovuta alla professione, ha dovuto fare i conti con l’emozione e in piazza ha ricordato i trascorsi antifascisti della sua famiglia di origine piemontese. Nella notte della vittoria, ha poi attraversato la città con in mano la balzana, in mezzo a tanti cittadini in festa. Senese tra i senesi, che hanno visto in lui il possibile playmaker del cambiamento.
Sul parquet e in aula Da giocatore di basket era temuto per i tiri da 3 e le entrate impossibili È stato legale dei blogger, dei contradaioli e dei piccoli azionisti