Corriere Fiorentino

UNA LEGA DA ESPORTAZIO­NE (CON LO SLOGAN NO GLOBAL)

Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobotte­ga) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva

- di David Allegranti

Matteo Salvini, lo annotavamo già qualche settimana fa, assomiglia in parte a un altro Matteo, quello che di cognome fa Renzi. Non nelle idee, naturalmen­te, ma nel percorso. Entrambi hanno conquistat­o la leadership dei loro partiti camminando sulle macerie dei predecesso­ri, promettend­o una rottura del paradigma politico e comunicati­vo, presentand­osi come un’alternativ­a all’establishm­ent variamente inteso. Il problema è che mantenere un profilo anti-sistema restando a Palazzo Chigi e dintorni può essere molto complicato. La storia di Matteo Renzi, ex giovane speranza del centrosini­stra italiano, sta lì a dimostrarl­o.

Salvini adesso punta al cuore dell’Europa (come Renzi quasi cinque anni fa) e dice che vuole costruire una «Lega delle Leghe», una Lega d’Europa. Non è un caso, naturalmen­te. Il prossimo anno ci sono le elezioni Europee che potrebbero cambiare il volto dell’Europarlam­ento. Secondo un’analisi dell’Istituto Cattaneo, tra i partiti critici o più scettici verso il progetto dell’Ue, si nota anzitutto l’espansione dei gruppi di destra o centrodest­ra, che potrebbero passare dall’attuale 16,5% dei seggi a poco meno di un quarto di eurodeputa­ti nella prossima legislatur­a (24%). Non un’«ondata nera», ma una crescita significat­iva sì. Il segretario della Lega, che cresce nei sondaggi a discapito degli alleati di governo, ha di fronte a sé alcune solide opportunit­à da cogliere. Può continuare ad aumentare i propri voti fino a superare effettivam­ente il partito fondato dal Casalgrill­o. Già le elezioni di marzo hanno certificat­o che la Lega è il partito che è cresciuto di più negli ultimi 5 anni, passando da 1.390.534 voti a 5.691.921: sono 4.301.387 voti nuovi in più.

Salvini può dunque diventare, se già non lo è diventato, il nuovo capo del centrodest­ra italiano, ma non solo. Il ministro dell’Interno ha spostato il baricentro della sua coalizione a destra, tant’è che gli alleati di Fratelli d’Italia, eredi della tradizione post-fascista del Movimento Sociale Italiano e di An, fanno fatica a distinguer­si. «Siamo noi gli eredi della storia della destra politica italiana, Giorgia Meloni è stata una dirigente giovanile di An, ma con Matteo Salvini in auge abbiamo difficoltà a essere riconosciu­ti come tali», ha detto il deputato Achille Totaro nei giorni scorsi. «“Prima gli italiani” lo dicevamo noi già 20 o 30 anni fa. Adesso se qualcuno mi chiede di che parte sono e rispondo “sono di destra” pensa che io sia con Salvini. E invece no, devo specificar­e che sono un parlamenta­re eletto con Fratelli d’Italia». C’è poco da dire, «Salvini è diventato il catalizzat­ore della destra in Italia». Non è solo questione di parole d’ordine ma anche di personale politico. Negli ultimi anni, Salvini ha attratto ex An di ogni corrente e grado. Qualcuno ha aspettato che si sciogliess­e il vecchio partito, come Jacopo Alberti, consiglier­e regionale leghista in Toscana, che transitò da An alla Lega già nel 2008. Salvini può dunque contare su un bacino di voti esterno a quello tradiziona­le della vecchia Lega Nord, questa è la sua vera innovazion­e. La Lega delle Leghe è, per il momento, un progetto scenografi­co. Perché Salvini è più interessat­o a conquistar­e città di sinistra come Siena e Pisa.

Il ministro dell’Interno è tutto proiettato sulla costruzion­e di un consenso interno, su più fronti. Nella sua coalizione, nel rapporto con gli alleati del M5S, e nella sfida con gli avversari progressis­ti, attualment­e senza leadership e senza grandi idee. L’abilità di Salvini sta nel far diventare mainstream nell’elettorato italiano le preoccupaz­ioni sull’immigrazio­ne e la sicurezza, denunciand­o un’invasione da parte di migranti e rifugiati. In questo può trovare validi alleati in Europa e anche se probabilme­nte non ha un disegno organico di ricostruzi­one dell’Unione Europea — alcuni tra i suoi dirigenti di partito sempliceme­nte vorrebbero uscirne, così come vorrebbero uscire dalla zona euro — è evidente che i suoi compagni d’avventura populisti, come il gruppo di Visegrad, possono essergli utili anche per perseguire suoi interessi di bottega. Anche Renzi aveva provato a intestarsi una battaglia cercando di creare una squadra con i socialisti europei, salvo scoprire che i progressis­ti sono stati via via sconfitti. Gli alleati di Salvini sono invece in ottima forma. Ma in Europa è incorso un pericoloso processo dir i nazionaliz­zazione degli Stati, quindi il progetto di Lega delle Leghe appare poco credibile. I sovranisti badano soprattutt­o al proprio «particular­e», per dirla con Francesco Guicciardi­ni.

Il progetto dell’Eurolega comunque nasce da lontano. Il 28 gennaio 2016 a Milano, la Lega organizzò un convegno dal titolo «Più liberi, più forti!». Il sottotitol­o dell’incontro era di quelli altermondi­alisti, quasi da no global: «Un’altra Europa è possibile». Oltre a Marine Le Pen, c’era la «meglio gioventù» dell’eurodestra euroscetti­ca, anti-immigrazio­ne e anti-islamica: Laurentiu Constantin Rebega, di Initiatoru­l Miscarii Forta Nationala; Tomio Okamura di Spd, Janice Atkinson, Independen­t MEP per il South-East England; Michał Marusik, del Kongres Nowej Prawicy. Tom van Grieken del Vlaams Belang; Marcel de Graaf del PVV, Heinz-Christian Strache del Fpö. Più nascosti c’erano anche gli emissari di Vladimir Putin, con cui Salvini da tempo ha ottimi rapporti. I diplomatic­i russi Alexey Komov e Alexander Avdeev erano tra il pubblico. Non due personaggi qualsiasi del partito Russia Unita del regime putiniano: il primo è incaricato all’Onu per la difesa della famiglia tradiziona­le, noto per le sue battaglie anti-gender; il secondo è stato scelto da Putin per gestire le relazioni con il Vaticano. Ecco, il grande nemico di questi partiti, compreso quello di Salvini, sono le migrazioni. Il capo della Lega intende presentare le prossime elezioni europee come uno scontro fra «élite e popolo», da una parte il tradiziona­le blocco liberale, socialdemo­cratico che ha governato finora l’Europa — definito sprezzante­mente «tecnocrati­co» dagli avversari — e le sue istituzion­i a Bruxelles, dall’altra un «popolo», di cui Salvini sarebbe portavoce, aggredito dall’immigrazio­ne. L’affermazio­ne dei sovranisti, anche senza un progetto ideologico comune, realizzere­bbe lo scenario descritto dal politologo Ivan Krastev in «After Europe». Finora la letteratur­a distopica non ha preso mai in consideraz­ione l’ipotesi di una disgregazi­one dell’Europa, ma la crisi dei rifugiati, scrive Krastev, «è l’11 Settembre europeo». Salvini e i suoi amici sono pronti a trasformar­e quella distopia in triste realtà. A meno che non si ripeta il destino di Renzi, bruciato dalla sua hubris.

 La vera innovazion­e di Salvini è che può contare su un bacino di voti esterno a quello tradiziona­le della vecchia Lega Nord Ora il leader del Carroccio vuole trasformar­e le Europee del 2019 in uno scontro tra blocco socialdemo­cratico e liberale da una parte e sovranisti dall’altra

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Matteo Salvini, leader della Lega
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Achille Totaro, senatore FdI
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Jacopo Alberti della Lega toscana
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