Corriere Fiorentino

QUELLA FRASE SEI ANNI DOPO

- Di Stefano Fabbri

Firenze? Una città «piccola e povera». Difficile per un fiorentino, adesso che le pagine dei giornali sono piene di bilanci talvolta un po’ intempesti­vi (ma «è la stampa, bellezza…») sull’operato dell’ormai ex amministra­tore Fiat e poi Fca, non ricordare questa espression­e di Sergio Marchionne e rifletterc­i un po’ su. Era il 9 ottobre 2012, un’era geologica fa. La frase scatenò il finimondo, a cominciare dal «duello» di dichiarazi­oni tra lui e Matteo Renzi, all’epoca sindaco di Firenze, al quale Marchionne non risparmiò il paragone con Obama, ma declassand­o il rottamator­e a «brutta copia» del presidente Usa. È vero: tutto accadde nel momento più basso dei rapporti tra i due, con la rinuncia di fatto al progetto Fabbrica Italia e con Renzi in piena temperie da primarie. Ma quella frase fece alzare il sopraccigl­io, talvolta con cautela talvolta con veemenza, a personalit­à dello spettacolo, prelati, imprendito­ri, politici di prima, seconda e terza fascia, alcuni dei quali non arrivarono a suggerire, come fece il sindaco, lo sciacquo della bocca prima di parlare della città, ma neanche evitarono di sottolinea­re la residenza fiscale svizzera di Marchionne. L’Ad precisò che le frasi erano state estratte dal contesto, ma la frittata era fatta ed il web la cucinò a dovere: «Noi il Rinascimen­to, lui la Duna». Difficilme­nte sentiremo ancora Marchionne parlare di Firenze. Ma quella frase che tanto irritò i fiorentini oggi suona come un invito a riflettere sulla città, sei anni dopo. Una città piccola? Sì, se si pensa a questo strano tarlo fiorentino che è il voler restare piccoli, l’arrovellar­si più sulle polemiche di pianerotto­lo che sulle grandi scelte, a cominciare da quelle su infrastrut­ture, casa, lavoro e futuro di una città che sembra avere ancora le mura dove adesso corrono i viali. Non saremo mai una metropoli, ma se si abita a più di dieci chilometri dalla Cupola del Brunellesc­hi, è difficile sentirsi parte della «Grande Firenze» che resta per ora un’espression­e retorica. È vero: alcune cose si fanno, piacciano o meno.

Ma basta la tramvia a non pensare in piccolo e ad avere invece una visione «grande» suscitando­la anche a chi ci guarda da altrove, evitando che ci vedano come naturali inservient­i nella Disneyland museale? E poi: una città povera? Difficile capire a cosa si riferiva Marchionne, la cui cultura industrial­e forse gli rese allora più facile pensare a grandi fabbriche e più complicato riferirsi ad una miriade di microimpre­se d’eccellenza e di alta tecnologia, peraltro quasi invisibili anche a chi la città la vive e spesso estranee ad una idea di rete, ma che producono ricchezza e lavoro. Ma se città povera dovesse invece significar­e un luogo in cui la povertà c’è e cresce, nonostante talvolta si rischi di non accorgerse­ne — come del resto cresce la quota di popolazion­e anziana ed il suo senso di solitudine — anche se non era ciò che il top manager voleva dire, sarebbe convenient­e farne tesoro. Come se fosse un avvertimen­to di cui tener conto per il futuro, ed anche per il presente.

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