QUELLA FRASE SEI ANNI DOPO
Firenze? Una città «piccola e povera». Difficile per un fiorentino, adesso che le pagine dei giornali sono piene di bilanci talvolta un po’ intempestivi (ma «è la stampa, bellezza…») sull’operato dell’ormai ex amministratore Fiat e poi Fca, non ricordare questa espressione di Sergio Marchionne e rifletterci un po’ su. Era il 9 ottobre 2012, un’era geologica fa. La frase scatenò il finimondo, a cominciare dal «duello» di dichiarazioni tra lui e Matteo Renzi, all’epoca sindaco di Firenze, al quale Marchionne non risparmiò il paragone con Obama, ma declassando il rottamatore a «brutta copia» del presidente Usa. È vero: tutto accadde nel momento più basso dei rapporti tra i due, con la rinuncia di fatto al progetto Fabbrica Italia e con Renzi in piena temperie da primarie. Ma quella frase fece alzare il sopracciglio, talvolta con cautela talvolta con veemenza, a personalità dello spettacolo, prelati, imprenditori, politici di prima, seconda e terza fascia, alcuni dei quali non arrivarono a suggerire, come fece il sindaco, lo sciacquo della bocca prima di parlare della città, ma neanche evitarono di sottolineare la residenza fiscale svizzera di Marchionne. L’Ad precisò che le frasi erano state estratte dal contesto, ma la frittata era fatta ed il web la cucinò a dovere: «Noi il Rinascimento, lui la Duna». Difficilmente sentiremo ancora Marchionne parlare di Firenze. Ma quella frase che tanto irritò i fiorentini oggi suona come un invito a riflettere sulla città, sei anni dopo. Una città piccola? Sì, se si pensa a questo strano tarlo fiorentino che è il voler restare piccoli, l’arrovellarsi più sulle polemiche di pianerottolo che sulle grandi scelte, a cominciare da quelle su infrastrutture, casa, lavoro e futuro di una città che sembra avere ancora le mura dove adesso corrono i viali. Non saremo mai una metropoli, ma se si abita a più di dieci chilometri dalla Cupola del Brunelleschi, è difficile sentirsi parte della «Grande Firenze» che resta per ora un’espressione retorica. È vero: alcune cose si fanno, piacciano o meno.
Ma basta la tramvia a non pensare in piccolo e ad avere invece una visione «grande» suscitandola anche a chi ci guarda da altrove, evitando che ci vedano come naturali inservienti nella Disneyland museale? E poi: una città povera? Difficile capire a cosa si riferiva Marchionne, la cui cultura industriale forse gli rese allora più facile pensare a grandi fabbriche e più complicato riferirsi ad una miriade di microimprese d’eccellenza e di alta tecnologia, peraltro quasi invisibili anche a chi la città la vive e spesso estranee ad una idea di rete, ma che producono ricchezza e lavoro. Ma se città povera dovesse invece significare un luogo in cui la povertà c’è e cresce, nonostante talvolta si rischi di non accorgersene — come del resto cresce la quota di popolazione anziana ed il suo senso di solitudine — anche se non era ciò che il top manager voleva dire, sarebbe conveniente farne tesoro. Come se fosse un avvertimento di cui tener conto per il futuro, ed anche per il presente.