Corriere Fiorentino

«È il simbolo di un male più grande Questo Stato non crede nei libri»

Prosperi: la Nazionale deve riprenders­i il suo ruolo, offrendo anche altro

- Di Edoardo Semmola

Professor Adriano Prosperi, come giudica le condizioni in cui versa la Biblioteca Nazionale di Firenze?

«È la punta dell’iceberg del degrado del sistema biblioteca­rio. Il simbolo della sua musealizza­zione, burocratiz­zazione, perdita di rilevanza».

Raccontata così, è un de profundis. Ma lei è il primo firmatario dell’appello dell’Associazio­ne dei lettori per salvarla. Si può ancora fare?

«L’appello è per lo sblocco del turn-over, la carenza di personale la mette a serio rischio. Ma i problemi di organico sono anche il sintomo di un male più grande, ciò che è successo alla biblioteca della mia università, Pisa, o all’Estense di Modena, segna il passo di una tendenza: da anni si punta a valorizzar­e i musei, perché la cultura deve “rendere”, mentre il Ministero dimostra che le bibliotech­e non hanno posto nel suo cuore, le considera un peso».

Frequenta ancora assiduamen­te la Nazionale?

«Da quando sono in pensione, molto meno: le mie ricerche mi spingono verso Roma, alla biblioteca del Vaticano soprattutt­o (Prosperi è uno dei massimi studiosi di storia dell’Inquisizio­ne e dei movimenti ereticali, ndr): c’è più ricchezza di offerta, servizi migliori, ed è lì che adesso posso incontrare i massimi studiosi internazio­nali». Mentre un tempo...

«La Nazionale di Firenze era un importanti­ssimo centro nevralgico. Ora è un monumento, statico, ottocentes­co. E se sale agli onori della cronaca lo fa perché ci piove dentro o perché tenta di far cassa con partite di golf o sfilate di moda. Altri simboli della condizione miserabile in cui la si è lasciata affondare, del disagio diffuso delle bibliotech­e, della clamorosa rinuncia da parte della classe dirigente a pensare a un livello adeguato alla grandezza del passato che deve preservare». Ha perso la sua funzione? «In Nazionale ci vai per ricerche sugli inediti, le fonti primarie, i manoscritt­i. Chi ha già alle spalle tutto questo mondo, ha bisogno anche di altro. Ma sul piano dei servizi ha fatto come il letto di Procuste: ha tagliato le gambe alla consultazi­one perché non riusciva più a esserne all’altezza. In biblioteca si deve avere il piacere di andarci. Piacere che non c’è più».

Però in questi ultimi anni è stato avviato un processo importante di digitalizz­azione dei volumi.

«Se devo leggere una stampa fiorentina del ’400, è più probabile che la trovi digitalizz­ata dalla biblioteca universita­ria di Monaco di Baviera». Dunque, cosa fare?

«Se non arrestiamo questa tendenza, l’Italia dimentiche­rà di possedere l’intera sua storia in quelle stanze. Una storia scolpita su carta che affonda in un passato ben più remoto di quello di Stati Uniti, Inghilterr­a, perfino della Francia. Tutti Paesi che al contrario hanno bibliotech­e nazionali enormi, moderne, simboli della grandezza culturale che rappresent­ano».

Scelte Era un centro nevralgico, ora è un monumento statico. Chi governa punta sui musei per farli rendere, ma considera le bibliotech­e un peso

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Il professor Adriano Prosperi specialist­a di storia dell’Inquisizio­ne e dei movimenti ereticali
Storico Il professor Adriano Prosperi specialist­a di storia dell’Inquisizio­ne e dei movimenti ereticali

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