«È il simbolo di un male più grande Questo Stato non crede nei libri»
Prosperi: la Nazionale deve riprendersi il suo ruolo, offrendo anche altro
Professor Adriano Prosperi, come giudica le condizioni in cui versa la Biblioteca Nazionale di Firenze?
«È la punta dell’iceberg del degrado del sistema bibliotecario. Il simbolo della sua musealizzazione, burocratizzazione, perdita di rilevanza».
Raccontata così, è un de profundis. Ma lei è il primo firmatario dell’appello dell’Associazione dei lettori per salvarla. Si può ancora fare?
«L’appello è per lo sblocco del turn-over, la carenza di personale la mette a serio rischio. Ma i problemi di organico sono anche il sintomo di un male più grande, ciò che è successo alla biblioteca della mia università, Pisa, o all’Estense di Modena, segna il passo di una tendenza: da anni si punta a valorizzare i musei, perché la cultura deve “rendere”, mentre il Ministero dimostra che le biblioteche non hanno posto nel suo cuore, le considera un peso».
Frequenta ancora assiduamente la Nazionale?
«Da quando sono in pensione, molto meno: le mie ricerche mi spingono verso Roma, alla biblioteca del Vaticano soprattutto (Prosperi è uno dei massimi studiosi di storia dell’Inquisizione e dei movimenti ereticali, ndr): c’è più ricchezza di offerta, servizi migliori, ed è lì che adesso posso incontrare i massimi studiosi internazionali». Mentre un tempo...
«La Nazionale di Firenze era un importantissimo centro nevralgico. Ora è un monumento, statico, ottocentesco. E se sale agli onori della cronaca lo fa perché ci piove dentro o perché tenta di far cassa con partite di golf o sfilate di moda. Altri simboli della condizione miserabile in cui la si è lasciata affondare, del disagio diffuso delle biblioteche, della clamorosa rinuncia da parte della classe dirigente a pensare a un livello adeguato alla grandezza del passato che deve preservare». Ha perso la sua funzione? «In Nazionale ci vai per ricerche sugli inediti, le fonti primarie, i manoscritti. Chi ha già alle spalle tutto questo mondo, ha bisogno anche di altro. Ma sul piano dei servizi ha fatto come il letto di Procuste: ha tagliato le gambe alla consultazione perché non riusciva più a esserne all’altezza. In biblioteca si deve avere il piacere di andarci. Piacere che non c’è più».
Però in questi ultimi anni è stato avviato un processo importante di digitalizzazione dei volumi.
«Se devo leggere una stampa fiorentina del ’400, è più probabile che la trovi digitalizzata dalla biblioteca universitaria di Monaco di Baviera». Dunque, cosa fare?
«Se non arrestiamo questa tendenza, l’Italia dimenticherà di possedere l’intera sua storia in quelle stanze. Una storia scolpita su carta che affonda in un passato ben più remoto di quello di Stati Uniti, Inghilterra, perfino della Francia. Tutti Paesi che al contrario hanno biblioteche nazionali enormi, moderne, simboli della grandezza culturale che rappresentano».
Scelte Era un centro nevralgico, ora è un monumento statico. Chi governa punta sui musei per farli rendere, ma considera le biblioteche un peso