Da Cosimi a Nogarin, tutti prosciolti
Da Cosimi a Nogarin, tutti prosciolti. Il sindaco: allora chi ha fatto quel debito?
Finisce con un’archiviazione la vicenda dell’Aamps, l’Azienda ambientale di pubblico servizio che si occupa dei rifiuti, salvata nel marzo 2017 dal concordato preventivo dopo aver accumulato debiti per oltre 40 milioni di euro. Il gip Antonio Del Forno ha accolto la richiesta del pm Massimo Mannucci mettendo la parola fine all’indagine andata avanti tre anni che ha coinvolto sia la giunta grillina di Filippo Nogarin, sia la giunta precedente, quella targata Pd di Alessandro Cosimi. Sono stati prosciolti in 13, tra loro il sindaco Nogarin, il precedessore Cosimi e l’ex assessore pentastellato al bilancio, ora al Comune di Roma, Gianni Lemmetti, oltre a manager e amministratori pubblici che negli ultimi cinque anni hanno gestito l’azienda. Sicuramente nel corso degli anni c’è stata una malagestione dell’azienda pubblica — sono le conclusioni della Procura condivise dal gip — ma sono state scelte di natura politicaeconomica che potrebbero avere rilevanza sotto il profilo del danno erariale. Per questo la Procura invierà gli atti alla Corte dei Conti.
«Scopro dai giornali di essere stato prosciolto — scrive Nogarin su Facebook — non ho mai avuto dubbi sulla bontà delle nostre scelte, facendo venire alla luce anni di malagestione dell’azienda dei rifiuti. Non abbiamo avuto paura di esporci in prima persona e abbiamo avuto ragione: oggi Aamps è un’azienda solida, sta ripagando i debiti e non è stato perso un solo posto di lavoro, anzi sono previste altre assunzioni. Resta da capire come si sia creato il debito da 42 milioni. La Procura, che ringrazio per il lavoro svolto, non ha potuto provare il dolo dei precedenti amministratori ma i cittadini hanno diritto di sapere come sono stati spesi i soldi della Tari. Spero che la Corte dei Conti sappia far luce su un eventuale danno erariale».
Nogarin e Lemmetti erano accusati di aver aggravato il dissesto della società per aver ritardato, dal novembre 2014, l’avvio della procedura concorsuale, per la rimozione del direttore generale Lorenzo Fommei, con un costo di 30 mila euro, per la revoca nel gennaio 2016 del presidente Aldo Iacomelli e del consigliere Marco Di Gennaro e per avere omesso di ricapitalizzare la società nonostante le continue sollecitazioni dei sindaci revisori. La Procura sottolinea che per riguardo i reati societari non c’è certezza sul dolo e sul nesso di casualità con il dissesto. Dissesto che comunque alla fine non si è rivelato tanto grave da determinare un fallimento visto che la società si è salvata con il concordato. Nogarin e Lemmetti erano accusati anche di abuso d’ufficio per aver stabilizzato 33 lavoratori a tempo indeterminato — 10 operai e 23 autisti — che erano stati assunti a tempo determinato dalla giunta precedente. Sotto accusa erano poi finiti tre incarichi all’avvocato Luca Lanzalone: rispettivamente da 90 mila, 35 mila e 7 mila euro. L’accusa iniziale era che questi incarichi fossero stati frazionati per evitare una gara d’appalto. Ma secondo la Procura non si può affermare con certezza che siano stati spacchettati ad arte.
Per ricostruire tutta la vicenda gli inquirenti si sono affidati alla Guardia di Finanza ma anche a una consulenza contabile giunta alle conclusioni che l’aver rinviato le decisioni sulla sopravvivenza della società ha provocato un danno da 2,5 milioni mentre la stabilizzazione dei dipendenti e gli incarichi legali non avrebbero provocato danni. Le assunzioni miravano a provocare minor danno dato che vi era il rischio di bloccare la raccolta porta a porta, di arrivare a un contenzioso per i licenziamenti e di non ottenere gli sgravi fiscali del jobs act.
Gli indagati erano tredici
La procura non è riuscita a provare il dolo per la voragine. Gli atti saranno presto inviati alla Corte dei Conti per accertare l’eventuale danno erariale