A Livorno, un anno dopo l’alluvione
Nelle strade colpite dal fango i cantieri sono finiti. Ma la paura non se n’è andata
A un anno dall’alluvione che provocò nove vittime, Livorno è un’altra città. I cantieri sono quasi tutti spariti, gli argini ricostruiti, le casse di espansione ripulite. Ed è anche entrato in funzione l’alert system messo sotto accusa in quei giorni. Ma tra i cittadini la paura rimane: «Appena riceviamo la chiamata del Comune per l’allerta arancione, ci chiudiamo in casa». Il governo ha stanziato 12 milioni per i risarcimenti. Nogarin: non bastano.
«Da quella notte tutto LIVORNO è cambiato, adesso basta un codice giallo e noi non dormiamo più». Roberto Tassari parla con la voce rotta: l’onda killer del Rio Maggiore un anno fa spazzò via la sua cantina fino ad arrivare alle finestre di camera e salotto al piano terra del suo stabile di via di Salviano e pensando a quella notte stenta a trattenere l’emozione. «Nel nostro quartiere non c’è scappato il morto per puro caso — continua — e adesso abbiamo tutti una terribile paura che possa succedere di nuovo». Livorno, un anno dopo l’alluvione che provocò nove vittime, è un’altra città. I cantieri sono quasi tutti spariti (tranne qualche ruspa e telone qua e là), gli argini dei fiumi ricostruiti, le casse di espansione ripulite ma tra i cittadini la paura rimane.
In via Rodocanacchi, dove quella notte persero la vita tutti i componenti della famiglia Ramacciotti tranne la piccola Camilla che fu salvata dal nonno eroe, nessuno è più tranquillo: «I lavori sono stati fatti — racconta una residente che abita di fronte allo stadio — ma non ci sentiamo sicuri: appena riceviamo la chiamata del Comune per l’allerta arancione, ci chiudiamo in casa». Sì, perché dopo le polemiche che un anno fa travolsero il sindaco di Livorno Filippo Nogarin sul mancato funzionamento dell’alert system (la telefonata del Comune per avvertire i cittadini dell’emergenza meteo), adesso ogni volta che dalla Regione arriva il bollettino arancione, scatta la chiamata del primo cittadino nelle zone a rischio. «Io ho deciso che ogni volta che succede, prima chiudo le scuole e poi faccio la chiamata — spiega Nogarin — se nessuno si prende le proprie responsabilità, non capisco perché queste debbano spettare tutte a me».
Ad un anno di distanza, comunque, i lavori per la messa in sicurezza della città sono a buon punto: gli argini del Rio Ardenza e del Rio Maggiore sono stati ricostruiti e i letti dei fiumi ripuliti, le quattro casse di espansione che quella notte non riuscirono a contenere l’acqua sono state liberate e i quattro quartieri più a rischio (Ardenza, Collinaia, Salviano e Montenero) hanno ripreso a vivere. Eppure — vuoi per gli scarsi finanziamenti (30 milioni dalla Regione), vuoi per la lentezza delle perizie tecniche — non tutto è stato fatto: alcuni ponti come quello di Salviano richiedono ulteriore manutenzione e il sistema fognario non è stato ancora messo in sicurezza per funzionare con efficienza in altri casi estremi come quello di un anno fa. E questo i livornesi lo sanno:«E se dovesse succedere di nuovo? — si chiede Tassari — alcuni lavori sono stati fatti a prova di bomba ma manca ancora molto e se dovesse succedere ancora, almeno a Salviano, finirebbe molto peggio di un anno fa».
Oltre ai risarcimenti per cittadini e imprese stanziati giovedì sera dal governo, nei prossimi mesi il Comune e la Regione prevedono un’ultima opera di messa in sicurezza: lo «stombamento» di una parte del Rio Maggiore per lasciare defluire l’acqua più facilmente e ridurre il rischio dell’effetto tappo di quella notte. Ma per quanto si possa cercare di diminuire il rischio con queste opere, rimane il problema di una città che in alcuni quartieri è stata costruita per gran parte lungo i torrenti d’acqua e che quindi non può far stare completamente tranquilli i cittadini che abitano lì. Spesso basta una pioggia un po’ più violenta a creare la psicosi: «La scorsa settimana la Regione ha emesso l’allerta arancione — racconta il Presidente del Comitato alluvionati Stefano Filippi — ha iniziato a piovere e nelle nostre chat è partito il tam tam di cittadini che chiedevano fotografie sullo stato dei fiumi: non è possibile vivere così».
Per questo, adesso i comitati degli alluvionati e le Brigate di Solidarietà attiva stanno pensando ad una piattaforma web per monitorare autonomamente lo stato dei fiumi e degli argini: «Non vogliamo sostituire il sistema di allerta — conclude Filippi — ma è necessario per informare i livornesi in casi di emergenza». Domenica sera alle 21 partirà la fiaccolata per ricordare quella terribile notte, nella speranza che non accada mai più.
Un residente
Da quella notte tutto è cambiato, adesso basta un codice giallo e noi non riusciamo più a dormire