Tante porticine aperte sulle sue «Vite» Con un po’ di fantasia
Le Vite di Giorgio Vasari raccontano un fiume di esistenze memorabili che sono alla base della nostra civiltà. Però sono scritte in un italiano oggi illeggibile e infatti non letto, per cui il fiume si inabissa. Ho scritto dei racconti tratti da Le Vite vasariane. Li ho scritti nella nostra lingua e ho inventato rispettosamente nuovi episodi che germogliano in modo plausibile (questa sarebbe l’idea) da quelli vecchi, come foglie da un ramo.
Ogni vita indaga uno stato d’animo o uno stato di grazia. Si tratta di vite passate ma sentimenti presenti, quasi che i singoli esseri umani fossero solo dei portatori che permettono ai sentimenti di vivere e riprodursi. Filippo Lippi e la capacità di farsi amare e perdonare. Verrocchio e i pericoli dello studio eccessivo. Andrea del Castagno e il rancore. Botticelli e la soavità mentale. Leon Battista Alberti e la nostalgia. Perugino e la tendenza alla ripetizione. E così via. Per ogni artista un sentimento dominante.
Questi racconti non sono parafrasi delle vite vasariane: sono appunto racconti «tratti da» e desiderano essere appassionanti per una persona, anche minorenne, che vive oggi. Dato che ogni racconto aspira ad essere plausibile nasce anche dallo studio e dal confronto con specialisti, in particolare lo storico dell’arte Andrea Di Lorenzo. Prezioso è stato anche l’incoraggiamento del critico d’arte Sergio Risaliti. Ogni racconto, come ho detto, contiene elementi di invenzione. Infatti non è un testo di storia dell’arte ma un’opera narrativa che intrattiene una peculiare relazione con la storia dell’arte come fonte di storie e sentimenti. Faccio tre esempi di elementi quasi inventati. Per quanto riguarda i fratelli Pollaiolo, mi sono immaginato che per dipingere si ispirassero ai combattimenti dei galli ed altre emozionanti vicende tra polli che li avevano appassionati quando erano bambini nella bottega del padre (un pollaiolo, appunto). Per quanto riguarda Giotto e Cimabue, mi sono immaginato che fossero appassionati di pesca: questo nelle fonti non c’è, ma tale passione comune è plausibile e spiegherebbe alcuni aneddoti famosi altrimenti poco convincenti. Circa Andrea Mantegna, ho pensato che la sua attrazione per le statue nude — anzi per una particolare statua (non bisogna generalizzare) — fosse davvero una forma di amore. Del resto, non fu né il primo né l’ultimo ad amare una statua. E così via. In generale, credo nella reincarnazione dei testi e ho cercato di scrivere racconti che amplificassero qualcosa che già, in qualche modo, era presente nell’originale, detto o non detto, visibile o invisibile, comunque operante in qualche zona del racconto. Buffalmacco fece sul serio tutti quegli scherzi che gli vengono attribuiti ? Filippo Lippi ha davvero vissuto tutte le avventure di cui lo immaginiamo protagonista? Chi lo sa. Io no. Ma la leggenda è importante almeno quanto la storia. Del resto Vasari è uno storico ma anche un creatore di leggende: combinazione affascinante. Molto si documentava, doveva pur sapere che alcuni dei suoi aneddoti erano falsi. Magari dentro di sé diceva: «Lo so bene che Andrea del Castagno non era un assassino, solo che, guarda un po’, sento il bisogno di scrivere di un artista omicida. Vada per Andrea del Castagno». Vasari a volte si lasciava guidare dalla verità, altre volte dalla poesia o dalla malizia. Lo stesso valga per noi. La ricerca della verità non deve renderci aridi, ma stimolare la nostra immaginazione. Rivivendo le Vite, riemergono esistenze a volte stupefacenti, spesso avventurose, sempre appassionanti, che ormai pochi conoscono. Ma le tracce visibili di queste esistenze sono tutte attorno a noi e sono dunque una preziosa risorsa per la nostra gioia quotidiana. È come uscire di casa, camminare in una via che percorri sempre, aprire una porticina e scoprire che ti conduce in un luogo meraviglioso. In questo caso parliamo di centinaia di porticine che possono allietare la nostra vita, se solo varchi la soglia.