Corriere Fiorentino

Quattrocen­to anni di storia ridotti in cenere con quegli ulivi

Due notti e due giorni in battaglia, poi la svolta. Ora la paura per i focolai L’assessore di Calci: «Venite a controllar­e che chi promette mantenga»

- dal nostro inviato Marzio Fatucchi (ha collaborat­o Elena Zunino)

La lotta è durata 45 ore fino a quando, ieri, poco prima delle 19 i vigili del fuoco hanno dato la notizia che tutti, alle pendici del monte Serra, aspettavan­o: «Le fiamme vive sono spente». Anche se la bestia non si fa uccidere così facilmente: «Due Canadair resteranno anche domani (oggi, ndr), c’è sempre la possibilit­à che qualche focolaio riparta. Ci vorranno due settimane a bonificare il bosco; una, se prima pioverà». «Per come si erano messe le cose è andata bene» tirano un sospiro di sollievo i sindaci di Calci e Vicopisano, Massimilia­no Ghimenti e Juri Taglioli. Ma prima di arrivare alla svolta dei Canadair e degli elicotteri, tra cui il prodigioso S64, c’è voluta una seconda, lunghissim­a, notte in difesa.

Riavvolgia­mo il nastro: nel buio la strada che sale verso il monumento ai Caduti del Vega si inerpica, passa dal ristorante Cristalli, diventa sterrata. I mezzi della Misericord­ia di Orciano Pisano e Lorenzana, dell’Anpas di Rosignano, della Racchetta passano accanto a due ali di bosco fitto. Fumo e polvere sono più densi di una nebbia.

Ai lati si vedono piccole fiamme. Poi, l’orizzonte diventa rosso. «È ripartito ’sto maledetto vento», si irrigidisc­ono i volontari srotolando i tubi per provare a «raffreddar­e» il fronte che sale dal lato della montagna che dà su Buti. Raffreddar­e, mentre il calore del fuoco che vedi da lontano ti aggredisce portato dal vento. Poi, la bestia si presenta in faccia, a pochi passi: sale sopra le chiome, a 10 metri, si spinge verso il cielo, copre la luna con tutte le tonalità possibili di rosso. Si vede solo la sua fiamma. Di Erika, Daniele, Fausto, Claudio, Jonny si percepisco­no le silhouette mentre sparano l’acqua, usano i «flabelli», fruste di metallo per soffocare la bestia. Ma dopo mezz’ora, vince lei. E Andrea ricorda a tutti: «Vedi che abbiamo fatto bene a mettere i mezzi in uscita?». In uscita verso la fuga. Perché nella lotta contro l’incendio che, in quel momento, da ormai 28 ore sta distruggen­do centinaia di ettari di boschi e uliveti sul Monte Serra, tra Calci e Vicopisano (ieri sera, il bilancio salirà a 1.400), andarsene è necessario, a volte. Consente di provare a frenare di nuovo la bestia. Qualche metro più indietro. A Lombardona, così si chiama il luogo, la battaglia pare persa, ma ha fatto anche perdere tempo alla bestia. Dalla radio si segnalano altre sconfitte, alcune vittorie. Il fronte però più importante, alle 2 di notte, è quello di Noce. È il lato verso Vicopisano del complesso del Monte Serra. Quello dove martedì notte hanno sfollato 400 persone. Il sindaco Juri Taglioli è al centro operativo di Calci, parla con il collega Massimilia­no Ghimenti. Hanno tutti e due la barba lunga, non dormono da più di un giorno. «Non ci siamo riusciti: il fuoco lavora».

Il fuoco lavora perché vive anche sottoterra, brucia da dentro i tronchi, resta nel sottobosco e poi, alla folata più forte, esce. Le «riprese», si chiamano. Ci passi accanto, mentre vai via, e ti sembra di vedere un cimitero in lontananza, tanti piccoli lumini. Ma non sono fuochi fatui, basta un colpo di vento e prendono vita. Trenta squadre della Protezione civile nel corso della notte si mettono in posizione, pronte a partire e dar mano forte ai 120 vigili del fuoco ancora al lavoro. C’è da difendere strade, altri uliveti, ma soprattutt­o case. Chi gestisce «radio base» e smista gli interventi conosce questo territorio, indirizza, ma ormai si capisce che molte abitazioni saranno danneggiat­e. Due bomboloni del gas sono lambiti dalle fiamme, «ora sono in sicurezza», gracchia la radio.

Dopo una giornata in cui 5 Canadair e tre elicotteri hanno provato a fermare i 4 fronti partiti dal propagarsi dell’incendio nato a San Giusto, la notte — quando volare non si può — i volontari ed i vigili del fuoco hanno un solo obiettivo: evitare che la situazione peggiori. Arginare. Epperò anche di notte, le squadre ci provano, a colpire la bestia. Ma un vigile, 30 anni di esperienza, racconta: «La prima notte, l’incendio era così enorme e così veloce che a parte salvare qualche casa, potevamo

solo stare a guardare». Il giorno dopo la bestia non è così potente ma resta veloce. Un brivido corre al centro operativo. Una squadra comunica che «abbiamo il fuoco avanti e dietro, non sappiamo cosa fare». «Via, via, subito!», urla Giovanni Sandroni strappando il microfono della radio. L’assessore alla protezione civile di Calci, quando quegli uomini superano la lingua di fuoco che li blocca, tira un sospiro di sollievo. Era già successo, la prima notte, che due squadre restassero circondate. La guerra continua. Alle 2,29 arriva la conferma: le fiamme sono in zona Noce. «Puoi essere più preciso». «Lungo monte, le fiamme hanno scavalcato». «C’è modo di arrivarci?». «Noi no, c’è una casa e una macchina». Ripartono altre squadre, si chiede l’intervento dei vigili del fuoco. Il direttore delle operazioni apre la mappa sul pc: «In quella zona, ci sono altre case?». Sì, è un punto nella cartina, potrebbe essere attaccata dal fuoco. Passa mezz’ora e al centro operativo uno degli operatori, uscito a fumare una sigaretta dopo un caffè (ne hanno preparati almeno 700) urla: «Ha ripreso il Fossone». I bagliori rimbalzano da dietro il crinale che si vede da Calci guardando la vetta del Monte Serra. «Se entra dentro al Fossone fa tutto il versante», si teme. Ma intanto dalla radio si sente anche altro: cade un albero, blocca un pick up, «qualcuno può venire a toglierlo? Dobbiamo rientrare per fare rifornimen­to d’acqua». La notte scorre con continue tensioni. Ritornano squadre, si danno il cambio. Claudio dell’Humanitas riempie l’autocister­na di acqua, «la devo lasciare piena per chi arriva al prossimo turno». Anche quando l’incendio sarà spento qui sanno che non sarà finita. C’è chi spera che piova, chi no. Perché se piove c’è un altro rischio, la caduta di ceneri, tronchi, terra verso valle. «È il prossimo fronte: venite qua a vedere se tutti quelli che promettono lo faranno, a partire da bonifiche e lavori di messa in sicurezza idraulica» chiede Sandroni ai cronisti. Alle 4 si scopre che la battaglia alla Lombardona è ripresa, «ci mancano 10 metri da spegnere, mandate qualcuno». È l’alba. Al centro operativo tornano altri volontari per i cambi: per chi va a letto e chi parte, qualcuno porta sfoglie e brioche. Si sente il rumore dei Canadair, degli elicotteri. Tutti guardano al cielo, c’è speranza. La guerra prosegue, la battaglia la sera sarà vinta. Ma ora ci sarà la guerriglia dei focolai. E della bonifica.

Via radio

Una squadra chiede aiuto «Abbiamo il fuoco davanti e dietro, non sappiamo cosa fare» «Via via subito!», il grido dal centro di controllo

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I volontari alle prese con uno dei fronti del fuoco durante la notte di ieri
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(foto; Massimo Sestini) La Certosa di Calci scampata alle fiamme. Alle sue spalle il monte bruciato
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Uno degli elicotteri in azione per tutta la giornata di ieri

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