Manon, 38 anni e una missione: far conoscere la Francia a Firenze
La nuova console onoraria: valorizzerò Palazzo Lenzi e promuoverò i vostri artigiani
Ci sono almeno due ragioni per cui Manon Hansemann è arrivata qui a Firenze, come console onorario di Francia e direttrice dell’Istituto Francese. Una delle due pesca nella sua biografia, nel suo passato non troppo remoto vista la sua giovane età: «Venni qui a 23 anni per fare uno stage in uno studio di architettura, dopo l’università. Ricordo che lavoravamo al progetto di restauro di Villa Demidoff e mi innamorai della città». La seconda ha a che fare con il futuro e il senso del suo mandato: «L’intento mio e del consolato è di valorizzare il patrimonio francese qui in città, Palazzo Lenzi (il palazzo degli enigmi sin dall’identificazione del suo architetto ndr) in primis».
E allora chi meglio di un’architetta, giovane (ha appena 38 anni, ha una bimba di sei anni e un marito che l’ha seguita in questo viaggio in Italia)? Una donna talmente appassionata a Firenze da dirci: «Io non ho chiesto di venire in Italia. Mi sono candidata per Firenze, o qui oppure nulla, sarei rimasta in Francia dove ho vissuto tra Montpellier, La Rochelle, Angoulême (e dove ha sempre lavorato alla valorizzazione del patrimonio artistico ndr)». Sulla sua missione fiorentina, che illustrerà anche alla comunità francese durante l’aperitivo di lunedì pomeriggio (ore 18, piazza Ognissanti 2) lei ha le idee chiare. «Prima di tutto far conoscere questo palazzo che è poi la nostra sede, anche predisponendo delle ricerche nel nostro archivio» e insieme a questo i francesismi fiorentini, dalla cappella della sorella Carolina di Napoleone nella chiesa di Ognissanti alle targhe dei tanti suoi concittadini, Stendhal in testa, che hanno lasciato un segno in città. Ma non basta. Appassionata d’arte — i suoi indirizzi preferiti qui a Firenze sono il convento di San Marco «dove mi desta stupore ogni volta che vado quell’Annunciazione del Beato Angelico che ti prende alla sprovvista alla fine di una scalinata» e la basilica col cimitero di San Miniato) — nel 2019, per l’anno Leonardiano, ha in mente di pubblicare un bando «invitando giovani artisti a produrre un’opera contemporanea ispirata all’artista. Penso che mi piacerebbe promuovere un progetto italo-francese magari che avesse a che fare con arti performative, danza o teatro». Sorride se le si chiede come ha trovato Firenze ora che è tornata, per viverci, a distanza di 15 anni. «Ci sono meno vespe e più biciclette, è cresciuta la zona pedonale e in definitiva c’è meno rumore, almeno nel contro storico», dove lei ha scelto di vivere. «Mi incantano i dettagli in questa città, la cura per le piccole cose, che sono poi tanto importanti: le porte, le finestre, i campanelli delle case che mantengono un aspetto antico sembra sembrare artefatti». Una cosa così, una tale cura per il bello, è raro incontrarla, per lei, dappertutto nel mondo, quasi per certo nella sua Francia. Ed è in forza di questa attenzione ai dettagli, al fatto bene e fatto a mano, che si impegna a favorire la conoscenza dei mestieri artigiani fiorentini tra i francesi. «Esiste già una convenzione tra Firenze e la scuola di restauro Poinso-Chapuis che prevede uno stage dei suoi allievi da artigiani fiorentini, soprattutto d’Oltrarno — ci spiega lei— ma mi piacerebbe implementare questo tipo di rapporti anche formativi». Poi, una pausa e un passaggio sulla prima mission del Centro Culturale Francese: «Allargare la conoscenza della nostra lingua in città, che è la chiave d’accesso principale per creare legami tra i popoli e le persone. Padroneggiare una lingua ti consente di capire più a fondo chi sono e come pensano le persone che questa lingua la parlano»
Il progetto
Di questa città amo anche i dettagli, per l’anno di Leonardo bandirò un concorso per giovani artisti che vogliano ispirarsi al suo genio