Corriere Fiorentino

«Ora ha un senso la nostra battaglia per Sofia»

Guido De Barros e i passi avanti nella lotta alla malattia condotta insieme al Meyer

- Giulio Gori

«Sono due risultati che danno un senso alla nostra battaglia per Sofia». Guido De Barros, il padre della bambina malata di leucodistr­ofia metacromat­ica, scomparsa lo scorso 30 dicembre, dopo che la sua vicenda aveva fatto clamore in tutta Italia, commenta così due importanti­ssimi avanzament­i che presto potrebbero sconfigger­e quella patologia terribile e rara: la sperimenta­zione di una cura al San Raffaele di Milano, che sta dando premesse molto incoraggia­nti, e la creazione di un nuovo test precoce nei la- boratori del Meyer di Firenze.

«La sperimenta­zione del San Raffaele sta avendo risultati promettent­i — dice Guido — Noi avevamo provato a far entrare Sofia nei trials clinici della terapia genica, ma non fu possibile perché quella cura aveva possibilit­à di funzionare solo per chi non aveva ancora manifestat­o i sintomi. Per la nostra bambina era già troppo tardi». Per questo, il nuovo test precoce messo a punto dal Meyer per i bimbi ai primi giorni di vita potrà dare la speranza di poter individuar­e la malattia in tempo per le possibili future cure. Proprio l’associazio­ne Voa Voa, di Guido De Barros e della moglie Caterina Ceccuti, ha dato un contributo importanti­ssimo alle ricerche fiorentine: «Nel 2015, assieme a Progetto Mielina, siamo finanziato­ri del progetto “leucodistr­ofia”, finanziand­o con 16 mila euro una borsa di un anno per un ricercator­e al laboratori­o di screening neonatale del Meyer, diretto da Giancarlo La Marca, proprio con l’obiettivo di fare ricerca per il nuovo test — spiega De Barros — Non solo, ma abbiamo anche fornito al Meyer i campioni ematici su cui condurre la ricerca: all’epoca facemmo una campagna social, per trovare portatori della malattia e farci donare campioni di sangue. Ne trovammo ben quindici».

Guido e Caterina, per tentare di salvare Sofia, provarono anche la terapia Stamina di Davide Vannoni, che poi sarebbe risultata una truffa. «Ma la nostra associazio­ne Voa Voa non ha avuto a che fare con Stamina — spiega De Barros — E quando iniziammo collaboraz­ione col Meyer, lo facemmo immaginand­o un futuro senza leucodistr­ofia metacromat­ica».

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Caterina Ceccuti e Guido De Barros nel 2015 hanno partecipat­o al progetto Mielina con 16 mila euro di donazione al Meyer
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