SCUOLA E FAKE NEWS, COSÌ I RAGAZZI IMPARANO A NON ABBOCCARE
Fake news: chi le diffonde, come e perché. E ancora: sono davvero in grado di orientare il pensiero comune? E di diventare una potente arma nelle schermaglie fra Stati? Se n’è parlato ieri mattina al Cinema Odeon di Firenze in un incontro riservato agli studenti delle scuole superiori e organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera con la partnership di Esselunga, che ha individuato in quattro giornalisti (Martina Pennisi, Marilisa Palumbo e Luigi Ripamonti del quotidiano di via Solferino, insieme al direttore del Tg La 7, Enrico Mentana) gli interlocutori adatti a confrontarsi con una platea di adolescenti.
Articolato in due momenti (il primo in cui i relatori hanno esposto il tema sotto diversi punti di vista con immagini e filmati, e il secondo dedicato al dibattito e al confronto con gli studenti), l’incontro è stato una di quelle piacevoli esperienze che non sempre possiamo dare per scontate quando accompagniamo fuori classe i nostri alunni: a volte chi li aspetta purtroppo non è in grado di porsi sulla lunghezza d’onda indispensabile quando si vuole parlare a persone di quella età. Troppo pesanti, troppo lenti, troppo noiosi, troppo distanti. E gli incontri si rivelano un pacco. Ma ieri non è stato così. Ieri, direbbe Rovazzi, è stato tutto molto interessante, fin dalle prime battute, quando Martina Pennisi ha spiegato origine e natura delle fake news, Luigi Ripamonti si è soffermato sul concetto di metodo scientifico, e Marilisa Palumbo ha insistito sul fallimento della visione utopistica che avevaMentana mo dell’informazione online. Io i ragazzi li guardavo. E vedevo che, benché le poltrone dell’Odeon spingano a un avvolgente sonnellino, seguivano vigili e coinvolti. Tuttavia è stato con l’arrivo di Enrico che la mattinata è veramente decollata. Il volto più noto de La7 è arrivato in ritardo (per colpa del treno), ma non tardi, e ha fatto in tempo ad acciuffarli tutti, quei ragazzi sprofondati nelle sedute di velluto ocra, e a scuoterli ben bene dicendo loro ciò che non si dice loro mai abbastanza: che non ci si abbevera alla prima fonte che si trova, che è indispensabile lottare contro questo sistema che li inchioda a casa con i genitori, che l’Italia non è un Paese per giovani visto che le riunioni della Confindustria sembrano la piscina di Cocoon, che le leopardiane «magnifiche sorti e progressive» sfortunatamente non sono magnifiche e nemmeno progressive, che andando avanti di questo passo, se proprio i giovani non faranno niente (come niente hanno fatto i loro padri), la più grande fake news diventerà l’articolo 1 della nostra Costituzione, che definisce l’Italia una Repubblica «fondata sul lavoro».
«Ho la voce tremante e il cuore a mille — ha detto Gessica Valenti, 18 anni, studentessa dell’Artistico di Porta Romana — ma vorrei ringraziarvi davvero per aver organizzato per noi questa mattinata. Sì, è vero, il futuro è nelle nostre mani. Ma forse noi non siamo pronti, forse non siamo la generazione giusta, forse è presto. O forse ai miei coetanei non gliene importa abbastanza». Amara (ma veritiera) conclusione di un incontro da cui nessuno è uscito uguale a com’era entrato.
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Gessica (18 anni)
È vero, il futuro è nostro ma o non siamo pronti o forse ai miei coetanei non importa abbastanza