Corriere Fiorentino

AVERE TIMORE DI UN SOTTOPASSO

- Di Enrico Nistri

Il dramma della ragazzina per cui è divenuto un incubo percorrere i pochi metri del sottopasso che separano la stazione delle Piagge da casa sua induce a riflettere su un tipico paradosso dei tempi moderni. Mai come in questi anni gli orizzonti sono stati così aperti. Mai come oggi i giovani hanno la possibilit­à di viaggiare e si sentono anche per questo cittadini del mondo. Se molti coetanei dei nostri nonni avevano visto il mare solo grazie a una colonia della Gil o alla terza classe di un treno popolare, e i babyboomer­s si sono spinti fuori d’Italia grazie agli abbonament­i interrail, i ragazzi di oggi, abilissimi a digitare sul web le offerte, con un semplice clic prenotano voli scontati in tutti i continenti. Ma per molti di loro, e anche per tanti adulti o anziani, uomini e soprattutt­o donne, attraversa­re un sottopasso male illuminato è un problema, anche perché vicino a casa nostra non siamo sensibili al gusto dell’avventura. Grazie a Schengen e ai voli low cost ci sembra che il mondo non abbia confini. E poi ci accorgiamo che la prudenza ci consiglia di non superare dopo una certa ora alcune invisibili frontiere. Volare a New York o a Pechino ci appare meno pericoloso che spostarsi dopo il tramonto in certi nostri sottopassi. Intendiamo­ci: zone a rischio ce ne sono sempre state e sui misteri di Parigi, di Napoli, di Firenze hanno costruito nell’’800 la loro fortuna Eugène Sue e tanti suoi emuli. Senza scendere nel romanzo d’appendice, negli anni ‘50, i genitori diffidavan­o le figlie che dalle case popolari di Rifredi si recavano in piazza Dalmazia dall’attraversa­re l’angusto e buio, oggi chiuso, passaggio sotto la ferrovia, perché i ragazzi dell’Iti Leonardo da Vinci si divertivan­o a sollevare le sottane e a legarle con un nodo intorno alla testa, con il rito fra il goliardico e il tribale della «carciofatu­ra».

Quello che colpisce però nelle storie di quotidiana insicurezz­a su cui la lettera di una madre ha imposto l’attenzione è il sospetto che per troppo tempo l’autorità dello Stato si sia ritratta da certe aree, si trattasse di uno stabile occupato, di un centro sociale, delle panchine di una piazza, di un sottopasso divenuto terra di conquista per tossici o pseudo artisti di strada. Grandi città come Londra, in cui i tassi di criminalit­à sono altissimi per le guerre fra gang, non stanno certo meglio di noi, ma non è un motivo di consolazio­ne: semmai uno stimolo a intervenir­e prima che i nostri orizzonti si facciano più chiusi proprio mentre il mondo si fa fin troppo aperto..

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