L’alter ego del mostro, senza misteri
Verità e leggende sul chirurgo pisano Andrea Vaccà Berlinghieri
Il dottor Frankenstein non aveva solo un «doppio» letterario. Nel senso della sua creatura mostruosa divenuta immortale icona letteraria. Ma anche uno nella vita reale: un altro medico, un chirurgo pisano, intellettuale e massone, Andrea Vaccà Berlinghieri. Leggenda narra che sia stato proprio lui a ispirare Mary Shelley per il profilo del suo «scienziato pazzo». In realtà era solo un conoscente, animatore del circolo letterario pisano dove gli Shelley e Lord Byron amavano passare il tempo nei loro soggiorni toscani di inizio Ottocento. Un grande chirurgo e scienziato verso il quale i poeti e scrittori dell’epoca illuministica e post-illuministica provavano ammirazione e vicinanza — e perché no, anche ispirazione in un certo senso — proprio per la portata rivoluzionaria del suo modo di interpretare la scienza.
A Vaccà Berlinghieri e al Tempio di Montefoscoli che fece costruire nel 1823 è dedicato l’intervento che la docente di architettura del paesaggio Mariella Zoppi terrà lunedì all’Accademia di Belle Arti di Carrara, all’interno del convengono dedicato a Mary Shelley e al suo Frankenstein. «C’è tutto un mondo purtroppo poco conosciuto — commenta Mariella Zoppi — un gruppo di personaggi legati all’influenza francese a cavallo del periodo della granduchessa Elisa Baciocchi, che dalla Toscana va in Francia a studiare a cavallo della Rivoluzione». Tornano in Italia e i loro figli partecipano alla vicenda del regno di Elisa Baciocchi, «brevissimo ma rivoluzionario». Sono medici illustri, membri di corte e del liberalismo dell’epoca, «ma trascurati dalla storia».
È in quel contesto che «la borghesia internazionale si forma» e «ha radici nella scienza». Vaccà Berlinghieri «esercitava la professione in modo moderno, scientifico — prosegue — poi gli sono state costruite intorno immagini esoteriche. Di lui e Mary Shelley non si sa nulla di più, se non che si frequentavano. Forse non l’ha ispirata direttamente per il romanzo, più che altro incarna quel mondo che indaga la natura scientificamente e a cui lei si rifà nel libro».
Non c’è molto di vero nella leggenda del «Frankenstein pisano». Più che altro «si tratta di un’affinità elettiva, non una dipendenza intellettuale». Romanticamente «possiamo definirlo un “altro Frankenstein”, per via delle implicazioni iniziatiche massoniche». E per il Tempio di Minerva che fece costruire in memoria del padre «che forse era un tempio della medicina con suggestioni di riunioni massoniche o come teatro anatomico». Ma anche di questo «poco di certo sappiamo».