Si rifugiò a Firenze: «Fece uccidere il marito, ergastolo»
Aurea Vazquez Rijos fu mandante dell’omicidio del marito. Condannata a Portorico
In via degli Alfani, in molti ricordano quella bella donna, riservata e schiva, che parlava quasi sussurrando, come titolare di un’agenzia di viaggi dedicata al turismo ebraico. Quasi nessuno sapeva che dall’altra parte del mondo era stata ribattezzata la «vedova nera», accusata di essere la mandante dell’assassinio del marito. Ora, Aurea Vazquez Rijos, dopo una vicenda lunga 13 anni, è stata condannata per omicidio di primo grado nella sua Portorico, assieme alla sorella e al cognato che secondo la sentenza complottarono con lei.
Aurea era sposata con Adam Anhang, figlio di un milionario canadese. Il giovane, titolare di alcuni casinò online, fu assassinato il 23 settembre 2005 a San Juan di Portorico, quando la coppia stava uscendo da un ristorante. In quell’apparente rapina, Aurea fu brutalmente picchiata. Ma, durante le indagini, quando gli inquirenti scoprirono che l’uomo indicato dalla donna come l’assassino, e per questo condannato a 105 anni di carcere, era innocente, sospettarono che il pestaggio fosse una montatura per coprire il complotto ordito da Aurea, che venne indagata come mandante del vero killer, Alex Pabon, detto «el loco».
Lei fuggì in Italia, dove iniziò una relazione con un fiorentino con cui ebbe due figlie. Si legò alla comunità ebraica di via Farini, abitò prima all’Olmo, poi a Firenze, e aprì l’agenzia di viaggi di via degli Alfani. Ricercata dall’Fbi (Portorico è un protettorato Usa), si sentiva protetta dal fatto che l’Italia non concede estradizione a chi rischia la pena capitale. «Questa storia ormai è diventata un incubo, sono esasperata», raccontò Aurea in un’intervista al Corriere Fiorentino nel 2011.
Il caso dell’omicidio di Adam Anhang è popolarissimo in tutto il Nord America, e Aurea una figura molto chiacchierata dalle cronache, tanto che troupe televisive statunitensi e canadesi, per girare documentari sulla vicenda, sono arrivate anche a Firenze A braccare la «vedova nera» è stato il potentissimo suocero, Abe Anhang, come quando le mise alle calcagna un investigatore privato che avrebbe dovuto incastrarla, ma che finì per giurarne l’innocenza, cadendo irretito della bella Aurea. Con i suoi occhi dolci e un’aria sempre afflitta, sapeva fare breccia. La comunità ebraica fiorentina l’accolse a braccia aperte, per poi, negli anni, iniziare a dubitare delle tante, troppe bugie. Come quando sosteneva che il marito non fosse ricco, che il movente economico sostenuto dall’Fbi fosse un’assurdità, ma poi emerse che Adam era titolare di casinò.
Grazie alle dritte di Abe Anhang, convinto che Aurea avesse fatto uccidere Adam dopo che il figlio aveva deciso di divorziare, Aurea fu arrestata nel 2013 durante un viaggio a Madrid. Portorico si impegnò con la Spagna che non avrebbe chiesto la pena di morte, ma la donna riuscì a opporsi per tre anni all’estradizione, perché riuscì a restare incinta in carcere e si faceva forte del fatto di essere madre di un bimbo cittadino spagnolo.
Ora è arrivata la sentenza del Tribunale di San Juan: riconosciuto l’omicidio di primo grado per Aurea, la sorella Marcia e il suo ex fidanzato Josè Ferrer Sosa, in quanto mandanti del killer, pagato tre milioni di euro sottratti alla stessa vittima. La definizione della pena da scontare sarà decisa il prossimo 29 gennaio. Quel giorno, il giudice dovrà ascoltare di nuovo la difesa accorata di Aurea. Ma, se è salva dalla pena capitale, a 38 anni d’età non avrà alternative all’ergastolo.
Via degli Alfani
In Toscana si era rifatta una vita, ebbe due figlie da un fiorentino e aprì un’agenzia di viaggi