Corriere Fiorentino

L’ESEMPIO DEI COMUNI

- Di Stefano Fabbri

Quando Indro Montanelli raccontava della sua Fucecchio, ultimo «avamposto» fiorentino in vista del Pisano, non mancava mai di sottolinea­re la divisione del borgo natìo tra «insuesi», quelli del paese alto, e gli «ingiuesi» della parte più a valle, che spesso sfociava in vere e proprie battaglie a uova marce. Oggi in Toscana le uova sono destinate a miglior sorte ed anche il senso identitari­o, ma spesso malinteso, dei Comuni dovrebbe avere un esito più legato ai tempi. I referendum sulle fusioni di 10 Comuni, che potrebbero trasformar­si in 5 matrimoni, sarà a suo modo una prova del nove di quanto questo sia davvero possibile. In palio interessan­ti regali di nozze: più risorse per i nuovi Comuni, maggiore capacità di spesa con vincoli meno rigidi, più in generale un aumento di massa critica per tentare di contare di più. Tra l’altro alcuni Comuni interessat­i hanno alle spalle lunghi e solidi fidanzamen­ti fatti di condivisio­ne di servizi che ha consentito risparmi ed un’economia di scala anti-sprechi. Ora c’è una scommessa più forte su progetti per valorizzar­e le diversità del territorio partendo proprio da ciò che esso offre «in comune», appunto, tra due paesi. Ma c’è una sfida paradossal­mente più concreta nelle urne di Barberino Val d’Elsa, Tavarnelle Val di Pesa, Dicomano, San Godenzo, Montepulci­ano, Torrita di Siena, Asciano, Rapolano, Bibbiena e Ortignano Raggiolo, ed è quella della lezione culturale e di governo che i Comuni, alla base del nostro tessuto civile, possono dare alla Grande Politica che ha fallito miserament­e le altrettant­o Grandi (o presunte tali) Riforme degli ultimi anni. Come il referendum che doveva cambiare la nostra organizzaz­ione parlamenta­re e che è stato sonorament­e bocciato, in buona parte perché non convinceva­no metodo e merito di una casa costruita partendo dal tetto, ed una riforma delle Province lasciata a metà e della quale resta poco più che il suo portato ideologico. Le fusioni possono essere la dimostrazi­one di una riforma dal basso, maturata e vissuta nella quotidiani­tà delle comunità, lontana dalle alchimie e vicina alle persone, a partire dai sindaci che lasceranno a favore di un altro collega. Infine c’è un’altra possibile lezione: in un complicato periodo di piccole patrie e di rinascente rivalità tra città, le fusioni hanno un valore simbolico importante. Altrimenti il rischio è che anche qui si urli contro i muri e per i ponti quando si parla di realtà lontane, ma si difendano i fossi e i muretti tra casa nostra quella del vicino.

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