Corriere Fiorentino

Vi porto nel cerchio della pace

L’attivista Radha Bhatt lancia le celebrazio­ni toscane per i 150 anni dalla nascita di Gandhi «Col teatro partecipat­ivo creo coreografi­e che riproducon­o il mandala Voglio farlo anche qui»

- Di Chiara Dino

Un mandala è un oggetto di culto, è il cosmo riprodotto come fosse una circonfere­nza dotata al suo interno di figure geometrich­e che prendono forma grazie all’intreccio di fili colorati, è il significan­te che conduce alla pace interiore e sociale. Ma è diventato anche, come scopriremo domani alle 18,30 al cinema Odeon di Firenze, un progetto di pace, un work in progress per costruire legami, intrecciar­e le vite e strutturar­e il dialogo, un’opera d’arte che è performanc­e di teatro e invita a mettersi in gioco ciascuno di noi, come esito tangibile di un movimento nato 13 anni fa in India — si chiama OraWorldMa­ndala (OWM) — grazie alla tenacia di Radha Bhatt, una signora di 85 anni cresciuta in un villaggio dell’Himalaya e folgorata appena bambina dal Mahatma Gandhi e dai suoi seguaci. Radha lunedì lancerà la proposta di portare il suo mandala trasformat­o in teatro a Firenze, Grosseto e Pisa a ottobre prossimo per celebrare i 150 anni dalla nascita del Mahatma.

Com’è nato il progetto mandala e perché?

«Sono una donna dell’Himalaya che ha conosciuto la persecuzio­ni dei seguaci di Gandhi quando era ancora bambina. Ho visto decine di persone che predicavan­o la non violenza arrestate perché volevano costruire la pace. Qualcosa che non dimentiche­rò mai. C’erano tanti che manifestav­ano per le strade dei villaggi in sostegno dei gandhiani. Tra questi anche io, con molti anni di meno». Quindi? Cosa è accaduto? «È accaduto che ho capito che la vita stessa di Gandhi era come un’opera d’arte (Radha è stata per anni anche presidente della Gandhi Peace Foundation). Tutti i suoi viaggi, la sua vita in Sudafrica, le sue scelte, la sua alimentazi­one il suo farsi povero e addetto alla manovalanz­a coi poveri. Il suo intestarsi una battaglia di civiltà e di libertà con il solo ausilio della non violenza e del riconoscim­ento della dignità di ogni essere umano l’ho sempre considerat­o alla stessa stregua di un’opera d’arte. E ho capito che questa intuizione dovevo tradurla in un linguaggio che coinvolges­se il maggior numero di persone». E dunque come è passata alla parte operativa? «Quindici anni fa, dopo uno degli scontri più violenti tra pakistani e indiani, insieme con l’Università di Gujarat Vidyapith (fondata dal Mahatma Gandhi nel 1920 e del cui consiglio direttivo lei è membro ndr.) abbiamo organizzat­o il progetto mandala (una modalità di risoluzion­e di conflitti, oggi presente in India e in Messico, che consiste nel fare delle perfomance di teatro d’arte, un teatro partecipat­ivo in cui tutti i partecipan­ti sono attori e contribuis­cono con le loro forme — che siano danze, produzioni di disegni ma anche momenti di conviviali­tà — a creare dei mandala ndr)».

E questo stesso tipo di teatro partecipat­ivo lei adesso ora vuole portarlo in Toscana per i 150 anni dalla nascita del Mahatma. Lei come il Mahatma ha anche fondato un ashram, un villaggio dove si pratica la costruzion­e della pace, nelle sue terre d’origini, come funziona?

«Lavoro sulla formazione e sull’educazione delle donne. Nei nostri villaggi c’è una forte incidenza di violenza nei loro confronti, causata da condizioni ambientali, da un alto tasso di alcolismo, da una non equa distribuzi­one dei diritti e dei doveri. Noi ci ispiriamo a

 Lavoro sulla formazione delle donne in Himalaya per valorizzar­e ciascuna di loro in ogni sua parte: mente, anima, corpo e per renderle libere

modalità di educazione che tengano conto dell’essere umano nella sua interezza. Della sua mente, delle sue conoscenze, ma anche della sua anima, dei suoi sogni e del suo corpo. Un progetto che lavora sul lungo termine ma che vuole rivoluzion­are una certa forma mentis e costruire un nuovo umanesimo».

Perché lavora solo con donne?

«Perché sono loro che si prendono cura delle famiglie, In una società dove a lavorare fuori sono solo gli uomini il sistema educativo è appannaggi­o del femminile. Rendendo più consapevol­i loro incidi profondame­nte su tutto il sistema sociale, lo trasformi dalla base perché è a loro che è deputata l’educazione dei figli».

È un progetto esportabil­e anche questo, come quello ispirato alla figura del mandala? «No, non credo. Tutti i nostri progetti educativi partono dal basso. Dal contesto in cui vanno realizzati. Quello che porto avanti sulle montagne dell’Himalaya ha senso in quel luogo perché nasce dall’osservazio­ne di quella gente e dal tentativo di risolvere i conflitti e le ingiustizi­e insiti nella loro comunità. Portarlo in Italia, per esempio, come qualcosa calato dall’alto, non avrebbe senso. Questo è un punto molto importante. Si parte dai bisogni di uomini e donne e si lavora per dare loro risposte concreti a problemi concreti. Ogni luogo ha diverse esigenze. Quello che vale per ogni parte del mondo è la filosofia di fondo che è poi insita nel pensiero di Gandhi e che mette al centro un nuovo umanesimo».

La vita stessa del Mahatma era un’opera d’arte Tutti i suoi viaggi, la sua vita in Sudafrica, le sue scelte, quello che sceglieva di mangiare

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 ??  ?? Il mandala (in alto) è un oggetto di culto indiano che è diventato anche un progetto di pace, un’opera d’arte che è performanc­e di teatro in cui agli attori vien chiesto di riprodurne la forma con varie azioni sceniche. Il progetto l’anno prossimo arriverà a Firenze come annuncerà Radha Bhatt (a destra)
Il mandala (in alto) è un oggetto di culto indiano che è diventato anche un progetto di pace, un’opera d’arte che è performanc­e di teatro in cui agli attori vien chiesto di riprodurne la forma con varie azioni sceniche. Il progetto l’anno prossimo arriverà a Firenze come annuncerà Radha Bhatt (a destra)

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