Corriere Fiorentino

Debiti a zero e tanta liquidità Così l’azienda non si è fermata

- di Silvia Ognibene

Otto anni vissuti con una spada di Damocle sulla testa. Ma continuand­o comunque a crescere, investire e assumere. L’inchiesta a carico della famiglia Aleotti — il padre Alberto Sergio e i figli Lucia e Alberto Giovanni — ha riguardato i comportame­nti e i patrimoni personali. Ma il riverbero sull’azienda, tipico esempio del capitalism­o familiare all’italiana, si è sentito. Il gruppo Menarini è solido, soprattutt­o molto liquido e senza debiti: nella mancata esposizion­e con il sistema del credito e nell’abbondante flusso di cassa va ricercata probabilme­nte la chiave della sopravvive­nza di un’azienda coinvolta in un procedimen­to giudiziari­o quasi decennale.

Per Menarini il saldo oggi è positivo: nel 2010, al momento del primo sequestro di valori per 1 miliardo e 200 milioni a carico dell’allora presidente Alberto Sergio Aleotti, fatturava tre miliardi di euro; ha chiuso il 2017 con un fatturato superiore per 600 milioni. Nel 2010 i dipendenti erano 12.900, oggi sono oltre 17 mila. «L’azienda è cresciuta — dice Carlo Colombini, membro del Consiglio di amministra­zione dall’ottobre scorso — Quelle giudiziari­e sono vicende lunghe che in questo caso hanno coinvolto una società non quotata in Borsa, per la quale la famiglia è tutto. Menarini non è morta, ma i procedimen­ti di questi anni hanno probabilme­nte provocato un rallentame­nto all’azienda che avrebbe potuto avere una spinta diversa».

 ??  ?? Al centro Il fondatore Alberto Sergio Aleotti, morto nel 2014 a 91 anni Alla sua sinistra il figlio Alberto Giovanni e la figlia Lucia
Al centro Il fondatore Alberto Sergio Aleotti, morto nel 2014 a 91 anni Alla sua sinistra il figlio Alberto Giovanni e la figlia Lucia

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