Corriere Fiorentino

Una scritta sul muro: Evvivaaaa! E poi l’abbraccio ai due fratelli

- Di Giulio Gori

«È una bella giornata. Credevamo nella nostra assoluzion­e già in primo grado. Probabilme­nte stavolta nel processo il livello di approfondi­mento, di studio, il desiderio di ricerca della verità è stato maggiore». Lucia Aleotti, dopo aver festeggiat­o la notizia nella sua casa di Fiesole assieme alla mamma, non senza qualche lacrima, racconta le impression­i dopo l’assoluzion­e ottenuta assieme al fratello Alberto Giovanni.

Sulle accuse, fratello e sorella ribadiscon­o la loro «estraneità ai fatti». Ma ricordano anche di non aver mai fatto interventi sopra le righe sull’inchiesta: «Ci si difende nei processi, non dai processi», dice lei, che ammette anche le difficoltà affrontate dalla Menarini in questi anni: «L’azienda è solida, ha una forza straordina­ria ed è riuscita a mantenere la barra dritta per tanto tempo, con la volontà di continuare a lavorare per crescere, per trovare nuove aree, per fare investimen­ti sulla ricerca — dice — Eppure il contraccol­po è stato forte: da parte di chi lavora con noi e di chi ci conosce da vicino non è mai mancata la fiducia, ma nel contesto internazio­nale è stato difficile spiegare la richiesta di commissari­amento, la condanna, specie in Paesi come gli Stati Uniti dove non esiste il concetto di primo grado come da noi». E ora per la Menarini sarà la svolta? «Speriamo in nuove opportunit­à», dice un prudente Alberto Giovanni. Da Firenze sono partiti email verso tutto il mondo per dare notizia della doppia assoluzion­e: «Visto il fuso orario, in America l’hanno già saputo, a Singapore invece si devono ancora svegliare», c’è chi scherza nel pome- riggio in via dei Sette Santi.

All’arrivo di Lucia e Alberto Giovanni Aleotti, molti dipendenti dell’amministra­zione abbandonan­o il tradiziona­le aplomb aziendale e, prima della festicciol­a a porte chiuse, qualcuno azzarda persino un abbraccio con la principale azionista. Ma l’esplosione c’è qualche ora prima, a mezzogiorn­o, con l’arrivo della notizia dell’assoluzion­e. L’azienda aveva preparato una lunga serie di comunicati, per ogni possibile scenario. «Per fortuna abbiamo potuto dare il via libera al comunicato buono». Oltre al testo per la stampa, parte anche la versione per i dipendenti: è identica, ma al «trasmettia­mo» viene aggiunto un sobrio «con gioia». In amministra­zione però, l’aplomb di marca Menarini per un giorno può attendere: «C’era un insolito silenzio, poi in tanti hanno cominciato a esultare, a uscire nei corridoi per dare l’annuncio — racconta il responsabi­le delle risorse umane, Ennio Troiano — È stato come nel 2006, quando l’Italia giocò con l’Australia di pomeriggio, qui tutti lavoravano con la radio nelle cuffie, e non volò una mosca fino al gol finale, quando partirono i festeggiam­enti». Troiano invia un messaggio a Alberto Giovanni per congratula­rsi, i due si sentono a telefono, Aleotti chiede: «Ma dove sei? Ti sento male...». «Sono in enoteca...». «Lui ci è rimasto di stucco — racconta ancora Troiano — Ma ero andato a comprare due bottiglie di spumante per festeggiar­e con gli altri, una trentina in tutto, nulla di eccessivo». Qualcuno però si fa prendere la mano e arriva a vergare un muro interno dello stabilimen­to con un graffito: «5-12-18 Evvivaaaa!!», con quattro A e due punti esclamativ­i. In via dei Sette Santi, molti parlano di «grande giornata».

A pochi metri di distanza, in via Francesco Rismondo, dove c’è il centro di ricerca, i contatti personali con i due patron sono molto meno frequenti. E il clima è assai più sobrio: «Sì, ci è arrivata l’email mentre eravamo a mensa — dice una ragazza, voltandosi verso alcune colleghe — Mi sembra una notizia buona, no?». In molti confessano di non avere mai avuto particolar­i preoccupaz­ioni per il futuro della Menarini o del posto di lavoro, «abbiamo gambe solide, siamo sempre stati tranquilli », mentre un dipendente di lunga data dice che «tutto rientra nella logica, era una cosa che mi scombinava il cervello pensare che su un’azienda dove ogni cosa che facciamo è legata a procedure etiche pendesse un’accusa così poco etica... Non so quale sia la verità, ma ora è come se tutto tornasse a posto».

❞ Lucia Aleotti Forse stavolta il desiderio di approfondi­re e ricercare la verità è stato maggiore

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Dopo l’arrivo della notizia dell’assoluzion­e nella sede fiorentina di Campo di Marte della Menarini qualcuno ha lasciato su una parete dei corridoi la scritta «Evviva» sotto alla data del verdetto dei giudici Nella foto grande Alberto Giovanni e Lucia Aleotti ieri nei quartieri generali della farmaceuti­ca poche ore dopo la decisione del tribunale (foto: Cambi/Sestini) Il ritorno tra i dipendenti
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