«QUI CADE TUTTO A PEZZI, CHIUDIAMO SOLLICCIANO E LIBERIAMO I DETENUTI»
Caro direttore, vorrei portare la mia personale esperienza di cappellano e di operatore dell’istituto di Sollicciano ormai ultradecennale. Nel corso del tempo l’istituto ha conosciuto una involuzione che, a partire dalle gravi carenze strutturali ha inevitabilmente coinvolto le condizioni di vita dei detenuti e di tutti coloro che quotidianamente operano nella struttura. Ho deciso di prendere come partenza per ripercorrerne il declino la data dell’ultima evasione, il 2017. Tutti sanno ormai che nel momento in cui si è verificata, Sollicciano non aveva un muro di cinta funzionante, era pericolante e non permetteva una efficace sorveglianza con mezzi di ronda o con le telecamere.
A distanza di quasi due anni non ci sono stati cambiamenti significativi nella sicurezza e nel riadeguamento della struttura. Segnalo, en passant, un episodio di questa estate: il crollo di un pezzo di intonaco dal muro di un passeggio, che ha comportato la sospensione delle ore d’aria per una settimana e più di tutti i detenuti. In questo periodo, due anni, sono invece cambiate le condizioni di vita dei detenuti e quelle dei lavoratori, in sintesi direi notevolmente peggiorate.
In una istituzione totale quale è il carcere, se al disagio della privazione della libertà si aggiungono i disagi quotidiani legati alle esigenze di vita, come la mancanza di acqua calda, l’assenza di un riscaldamento adeguato, la scarsità di attività trattamentali e risocializzanti, è facile immaginare un progressivo allontanamento dai principi sanciti dall’art. 27 della Costituzione e un abbrutimento di coloro che vivono in carcere o ci lavorano. Il carcere fiorentino vive una grande contraddizione: da un lato soffre di una carenza strutturale che ne pregiudica la sicurezza e la vivibilità, dall’altro raccoglie gli «scarti del territorio» (per citare papa Francesco) e gli scarti degli altri istituti della regione Toscana: infatti i detenuti più facinorosi e refrattari alle regole vengono inviati proprio all’istituto fiorentino per ragioni di ordine e si- curezza, in sostanza per punizione. La contraddizione è ancora più stridente se si considera che il carcere è parte del territorio: Sollicciano è uno dei peggiori del circuito, ma è collocato in una delle città più belle del mondo, ricca di storia, di arte e di risorse.
Questa bella città mostra un certo interesse per il suo istituto penitenziario, attraverso la partecipazione di oltre cinquecento volontari, che però non sono allineati verso i medesimi obiettivi e, probabilmente non hanno un orientamento comune che permetta di unire le forze per aiutare le istituzioni a risolvere le problematiche più urgenti e i detenuti a costruirsi percorsi risocializzanti degni di tale nome. Quando chiedo, e mi chiedo, provocatoriamente cosa siamo riusciti a fare in termini di riabilitazione, di benessere, o di semplice diminuzione del dolore e del disagio dei detenuti, mi tocca rispondere: poco, troppo poco. E faccio anche autocritica. A rimarcare la nostra inefficacia bastano la rabbia e la violenza che ha connotato gli ultimi gravi episodi in carcere. Un fallimento. La struttura si sta decomponendo, le temperature, calde o fredde, aumentano disagi e malattie, la disaffezione al lavoro è sempre più diffusa, del resto come non capire. Il sovraffollamento ormai è stabile.
Qual è la soluzione di fronte a questa situazione nella quale le vittime di questa situazione anche gli stessi vertici della struttura, stritolati da un meccanismo che facilmente li immola dopo una evasione o un suicidio, capri espiatori che pagano per tutti quando c’è da trovare un responsabile? Non lo so. Non so dire. Al Convegno al Palazzo di Giustizia si è parlato di braccialetti elettronici. Concludo con una provocazione: rimettiamo tutti i detenuti in libertà anche con il braccialetto elettronico e lasciamoli fuori fino a quando saremo in grado di far loro scontare una pena efficace e al contempo degna di un paese civile che, a detta di tutti, ha la Costituzione più bella del mondo. Facciamo che la Costituzione entri davvero nel carcere.
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Obiettivi Bisogna fare in modo che la Costituzione entri veramente all’interno del nostro carcere