Corriere Fiorentino

L’alt dei renziani al partito di Renzi E lui: «Io non ci sto lavorando»

I fedelissim­i dell’ex premier e le voci di fuga: «Noi restiamo nel Pd». Poi la smentita

- Ceccarelli

I renziani fermano Matteo Renzi, almeno per ora. Dopo una giornata di prese di posizione da parte dei fedelissim­i — «Caro Matteo, noi restiamo nel Pd» — a proposito delle voci sempre più insistenti di un partito personale dell’ex premier, lui prima tace (su Facebook) poi in serata dice (via radio) la sua: «Di scissioni ne abbiamo già viste abbastanza, non ci sto lavorando io». La possibilit­à di un’uscita di Renzi dal Pd aveva spiazzato molti. «Matteo deve portare idee e contributi al Partito democratic­o, che è l’unico argine al populismo» dice il sindaco di Prato e fedelissim­o renziano Matteo Biffoni.

«Matteo, noi restiamo nel Pd», gli hanno detto in coro. E allora Matteo si è fermato: «Di scissioni ne abbiamo viste abbastanza, non è all’ordine del giorno». È stato così che i renziani hanno stoppato (almeno per il momento) Renzi, spingendol­o a smentire pubblicame­nte la tentazione di uscire dal Pd e lanciare una nuova forza politica. Di solito avviene il contrario: è Renzi che ferma (o spinge, a seconda delle occasioni) i suoi fedelissim­i. Ma non è l’unico motivo per cui quella di ieri è stata una giornata molto particolar­e per il Pd e per i renziani, a Roma come in Toscana. Il giorno dopo il ritiro di Marco Minniti, il candidato alla segreteria nazionale dei Democratic­i su cui puntavano ma che è entrato in rotta di collisione con Renzi, inizia con i fedelissim­i dell’ex premier di buon mattina si mettono al lavoro per cercare un nome alternativ­o che tenga unita tutta l’area. Lorenzo Guerini? O Teresa Bellanova? O convergere su Maurizio Martina? Incontri, telefonate, sms. Il tessitore è Luca Lotti, plenipoten­ziario renziano. Ma alle 9,30 Renzi pubblica su Facebook «due pensieri sul congresso del Pd e l’opposizion­e a questo Governo», dicendo tre cose. Uno: «Da mesi non mi preoccupo della Ditta Pd: mi preoccupo del Paese. Che è più importante anche del Pd». Due: «Non farò mai il capo di una corrente». Tre: «Chiedetemi tutto ma non di fare il piccolo burattinai­o al congresso Pd. Non chiedetemi di stare dietro alle divisioni del Pd perché non le capisco, non le condivido, non mi appartengo­no». Per l’ennesima volta, senza una parola di smentita sull’ipotesi di lanciare già a gennaio un nuovo partitomov­imento di personalit­à della società civile e non di politici. Molti renziani restano a bocca aperta, molti si agitano e poi si arrabbiano: «Ci tratta come la sua bad company». E ancora: «Così in un solo colpo fa diventare i nostri senatori e i nostri deputati anime perse nel Purgatorio chiamato Pd». Perché senza Minniti in campo Nicola Zingaretti, candidato appoggiato dalla sinistra del partito, Franceschi­ni e Gentiloni, può puntare ad una vittoria larga che releghereb­be i renziani ad una minoranza ininfluent­e. Dagli sfoghi privati si passa alle prese di posizioni pubbliche. «Il problema era, è e sarà difendere il riformismo “nel” Pd, fare del Pd un partito capace di unirsi in maniera seria e responsabi­le nella lotta contro le malefatte sempre più pericolose del governo dello sfascio», dice il senatore ed ex segretario del Pd toscano Dario Parrini, solitament­e iper-allineato a Renzi. Il deputato pisano Stefano Ceccanti aggiunge: per arginare il rischio che «il Pd si trasformi in un fortino della vecchia sinistra non serve né una scissione (come pare sia l’intento di Renzi a partire da un’analisi di quel pericolo, sventato a inizio legislatur­a) né l’impostazio­ne deludente di Minniti (che in sostanza sembra ritirarsi perché nelle condizioni date non potrebbe vincere)». Il capogruppo in Consiglio regionale Leonardo Marras boccia l’idea di uscire dai Democratic­i: «Una scissione sarebbe comunque sbagliata». Un peso massimo del Pd toscano e nazionale come Antonello Giacomelli, deputato pratese che da tempo ha creato un asse con Lotti, critica Minniti per il suo abbandono ma lancia anche due messaggi a Renzi. L’ex premier ripete di essere contrario alla creazione di una corrente renziana nel Pd? «Altri, io tra questi, hanno sostenuto un’idea diversa (”il Pd è la nostra casa”) — scrive Giacomelli sull’Huffington Post — esplicitan­do l’intenzione di organizzar­e un’area che si battesse nel congresso per affermare nel Pd la vocazione riformatri­ce della sua identità. Sottolineo, nel Pd». Conclusion­e: «Sarò felice se anche Renzi arriverà alla conclusion­e di continuare il proprio impegno nel Pd. E lo stesso vale per Calenda — dice Giacomelli— Per arrivare a questo, per aprire la fase nuova che occorre, serve un impegno, un confronto, un lavoro che punti su chi è convinto di scommetter­e sul Pd, senza farlo dipendere da chi ora non sembra esserne certo». A difendere la possibilit­à di una scissione resta solo una pasionaria come renziana Marzia Cappelli, instancabi­le organizzat­rice di Leopolde e campagne elettorali. Ma mette anche lei dei paletti: «Se Matteo dovesse fare un suo partito, potrei anche seguirlo, solo ad una condizione importante: chi si porta dietro. Comunque adesso ci vuole calma, io penso anche alle Amministra­tive». Renzi, dopo il post del mattino, resta silente. Riappare alle 18 in diretta su Facebook, ribadisce ciò che ha scritto sul Pd la mattina e annuncia che il 13 dicembre presenterà il suo documentar­io su Firenze al Teatro del Sale. Poi però le pressioni dei renziani hanno la meglio. In tarda serata, parlando a Zapping su Radio Uno, l’ex premier dice: «Di scissioni ne abbiamo viste già abbastanza, non è all’ordine del giorno e non ci sto lavorando io a qualcosa di diverso». Per ora niente Pdexit e niente partito di Renzi, più avanti si vedrà.

In radio

Renzi: «Non è all’ordine del giorno, non ci sto lavorando io a qualcosa di diverso

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Sul «Corriere Fiorentino» di ieri il messaggio di Nardella a Renzi dopo le voce di un possibile nuovo partito

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