Operato per la frattura, muore per infezione Due milioni ai familiari
L’uomo era stato ricoverato per una frattura. L’ospedale dovrà pagare 2 milioni di euro
Fu ricoverato a Careggi per una frattura scomposta al braccio. Ma dopo l’intervento chirurgico, ed essere tornato a casa dalla sua famiglia, il pensionato di 71 anni morì poche settimane dopo per un’infezione. Ora, a distanza di sette anni il giudice civile ha deciso che l’azienda ospedaliera di Careggi dovrà risarcire la famiglia con 2 milioni di euro. Un maxi risarcimento da record per l’ospedale fiorentino.
Due milioni di euro. È un risarcimento record quello che dovrà versare l’Azienda di Careggi ai familiari di un pensionato di 71 anni, che perse la vita per un’infezione contratta in ospedale, nell’agosto 2011. Così ha stabilito il tribunale civile di Firenze, disponendo a favore della moglie e degli otto figli, assistiti dagli avvocati Filippo Vannini e Andrea Lolli, anche il pagamento degli interessi sull’indennizzo calcolati dal momento della morte del paziente.
Per una banale caduta dalla scale di casa, finì in ospedale. Frattura scomposta del braccio sinistro: la diagnosi dei sanitari. II pensionato fu sottoposto a un intervento chirurgico e poi ritornò a casa. Dieci giorni dopo, accusò forti dolori al braccio sinistro, proprio nella zona interessata dall’operazione e fu costretto a ritornare in corsia. Iniziò per lui il calvario. Ad agosto, morì un’infezione provocata da staffilococco aureo. I familiari presentarono un esposto in Procura, ma il fascicolo fu archiviato: è impossibile individuare responsabilità specifiche dei sanitari scrisse il giudice nel decreto di archiviazione. Il procedimento civile è invece andato avanti e si è concluso con la sentenza di condanna per l’azienda sanitaria. Nessun dubbio per il giudice Massimo Donnarumma: «Il pensionato è certamente deceduto per lo choc settico contratto in ospedale. Lì è stato ricoverato dal 20 giugno al 11 luglio e poi dal 25 fino al 22 agosto». Ma, agper giunge, non è possibile attribuire responsabilità soggettive agli singoli sanitari nella gestione del paziente.
Decisiva, per il magistrato, la consulenza del medico legale per il quale «la genesi dell’infezione è correlabile alle condizioni del paziente, alle condizioni ambientali della sala operatoria e alle manovre sanitare utili per il trattamento della frattura». C’è di più. L’Azienda sanitaria, spiega il tribunale nelle otto pagine della sentenza, avrebbe dovuto dimostrare di «aver operato diligentemente e di aver adottato, ai fini della salvaguardia delle condizioni igieniche dei locali e della profilassi della strumentazione chirurgica adoperata, tutte le cautele prescritte al fine di scongiurare l’insorgenza di infezioni a carattere batterico». Ma non lo ha mai fatto.