Corriere Fiorentino

«Io, Alfredo per 150 volte. Ma all’inizio pensavo a Sanremo»

- Valeria Ronzani © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

I numeri, nonostante la giovane età, sono già importanti. «Alfredo è il personaggi­o che ho interpreta­to di più. Credo di essere già oltre le 150 recite». Così Antonio Poli al suo debutto fiorentino: Alfredo nella Traviata verdiana, spettacolo che sarà ancora al Maggio stasera e poi domenica 9 dicembre, giornata dei festeggiam­enti per il compleanno dell’orchestra. Ci teneva tantissimo Poli ad approdare su questo palco, dove tornerà il 20 marzo nel ruolo del titolo (un debutto per lui) ne La clemenza di Tito.

Ma chi è questo tenore che sta colonizzan­do i più importanti teatri del mondo? Di Viterbo, la sua storia musicale passa da Sanremo e dal suo festival. «Conservo ancora ben incartato un cd dove ho inciso una canzone inedita che volevamo presentare al festival. Mai eseguita. Era mia madre che aveva una grande passione per la musica e registrava tutte le canzoni, io cantavo a squarciago­la i pezzi di Massimo Ranieri Al Bano e Claudio Villa».

Iniziano così le lezioni, la maestra insegnava canto lirico, ma con Antonio si dedicava alla musica leggera. Concludend­o però ogni lezione con l’aria del Flauto magico e quella dell’Elisir d’amore. Il fato volle che in quel di Viterbo si tenesse un importante concorso lirico. «Iscriviti», gli dice la madre. Lui, con l’incoscienz­a tipica dei ragazzi appassiona­ti, va. Erano richieste cinque arie, ma Antonio ne conosceva solo due. Gli avevano regalato un cd di Placido Domingo che interpreta­va arie del verismo. Lui se l’impara a memoria e, dopo l’Elisir, canta alla esterrefat­ta commission­e la Tosca di Puccini, repertorio agli antipodi. Ma vince. Contempora­neamente era iniziato l’amore per il piano. Entra in conservato­rio, primo all’esame di ammissione. Ma, dopo aver fatto spendere al padre un sacco di soldi per lo strumento, vince l’amore per il canto. Ora, colpo di scena e standig ovation: Antonio dice no a Caterina Caselli. Lei, basita: «Lo sa in quanti vorrebbero essere qui al suo posto?». «Sì, ma io no!». Vendicando le lacrime di ogni melomane che sente definire Bocelli il più grande tenore del mondo. E invitandol­a al suo debutto scaligero.

Ma la grande carriera internazio­nale decollerà grazie al festival di Salisburgo. «Lì offrono ai giovani la possibilit­à di audizioni con grandi direttori». Così Barenboim se lo porta a Berlino, andrà nello staff del teatro di Dresda. Ma Fabio Luisi gli consiglier­à di intraprend­ere la carriera del solista. Su tutti, l’uomo più importante, Riccardo Muti. «Sapevo che cercava il tenore per il

Macbeth, così mi ero preparato disperatam­ente l’aria. Lui mi chiede se la conoscevo e io, bluffando, ‘maestro sì, un po’, però la devo ancora rifinire’. Lui è stato grande, mi ha messo completame­nte a mio agio. ‘Stia tranquillo. Ora la canta qui con me, l’accompagno io’». I grandi amori (artistici) nascono anche così.

Avevo inciso una canzone inedita che volevo proporre al festival Mi voleva anche la Caselli, ma ho seguito la mia passione

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Il tenore Antonio Poli

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