LA SICUREZZA AL PEPERONCINO
Per una sottile malizia della sorte lo spray al peperoncino, distribuito dalla Lega in Toscana come strumento di difesa da possibili violenze, potrebbe essere la causa scatenante della tragedia di Corinaldo. Certo, sarebbe sciacallesco stabilire un collegamento fra la distribuzione alle donne di un mezzo con cui reagire alla più odiosa delle violenze e l’uso scriteriato in discoteca di sostanze urticanti, come diversivo per piccoli furti o strumento di offesa in una rissa. Oltretutto il bilancio delle vittime è stato alto anche per la leggerezza dei gestori, che avevano venduto un numero di biglietti quasi doppio rispetto alla capienza del locale. La tragedia di Corinaldo autorizza però il sospetto che il facile accesso ad armi proprie o in questo caso improprie costituisca un pericolo superiore ai rischi che si vogliono evitare. La possibilità per un ragazzino di acquistare uno spray urticante o di sottrarlo alla borsetta materna per fare il bullo può avere conseguenze devastanti. Il problema si pone, ingigantito, se da uno strumento di offesa competenza non dell’armaiolo ma dell’erborista si passa alle armi da fuoco. La presenza di una pistola in casa, specie se in presenza di minori, è un pericolo se lasciata incustodita e col colpo in canna. Se viene chiusa in un cassetto scarica c’è il rischio che chi la detiene, in caso di effettivo pericolo, non abbia il sangue freddo di trovare la chiave, caricare, mirare, in un contesto ben diverso da un’esercitazione al poligono. La sicurezza, beninteso, è un problema serio e la legittima difesa non può essere demonizzata, come fa chi la riduce a un’egoistica anteposizione della tutela della proprietà al rispetto della vita umana. Chi ci irrompe in casa non si limita ad appropriarsi dei beni, ma esercita una violenza morale e spesso fisica; una serie di furti può pregiudicare la sopravvivenza di un’azienda e di conseguenza non solo le proprietà del titolare, ma il lavoro dei suoi dipendenti. Il problema non è però stabilire se sia lecito difendersi, ma capire quale sia il modo migliore, tutelando la sicurezza della vittima ancora prima di quella del malavitoso. Chi ha fatto il militare negli anni ‘70 sa bene come primaria preoccupazione dei comandi fosse quella di prevenire incidenti, tanto che la maggior parte dei soldati di sentinella montava di guardia con il caricatore del Garand sigillato da un involucro di spessa plastica trasparente, che si sarebbe dovuto non senza difficoltà lacerare con un morso. Il panico del soldato faceva più paura dei terroristi; ed erano già gli anni di piombo.