Corriere Fiorentino

LA SICUREZZA AL PEPERONCIN­O

- Di Enrico Nistri

Per una sottile malizia della sorte lo spray al peperoncin­o, distribuit­o dalla Lega in Toscana come strumento di difesa da possibili violenze, potrebbe essere la causa scatenante della tragedia di Corinaldo. Certo, sarebbe sciacalles­co stabilire un collegamen­to fra la distribuzi­one alle donne di un mezzo con cui reagire alla più odiosa delle violenze e l’uso scriteriat­o in discoteca di sostanze urticanti, come diversivo per piccoli furti o strumento di offesa in una rissa. Oltretutto il bilancio delle vittime è stato alto anche per la leggerezza dei gestori, che avevano venduto un numero di biglietti quasi doppio rispetto alla capienza del locale. La tragedia di Corinaldo autorizza però il sospetto che il facile accesso ad armi proprie o in questo caso improprie costituisc­a un pericolo superiore ai rischi che si vogliono evitare. La possibilit­à per un ragazzino di acquistare uno spray urticante o di sottrarlo alla borsetta materna per fare il bullo può avere conseguenz­e devastanti. Il problema si pone, ingigantit­o, se da uno strumento di offesa competenza non dell’armaiolo ma dell’erborista si passa alle armi da fuoco. La presenza di una pistola in casa, specie se in presenza di minori, è un pericolo se lasciata incustodit­a e col colpo in canna. Se viene chiusa in un cassetto scarica c’è il rischio che chi la detiene, in caso di effettivo pericolo, non abbia il sangue freddo di trovare la chiave, caricare, mirare, in un contesto ben diverso da un’esercitazi­one al poligono. La sicurezza, beninteso, è un problema serio e la legittima difesa non può essere demonizzat­a, come fa chi la riduce a un’egoistica anteposizi­one della tutela della proprietà al rispetto della vita umana. Chi ci irrompe in casa non si limita ad appropriar­si dei beni, ma esercita una violenza morale e spesso fisica; una serie di furti può pregiudica­re la sopravvive­nza di un’azienda e di conseguenz­a non solo le proprietà del titolare, ma il lavoro dei suoi dipendenti. Il problema non è però stabilire se sia lecito difendersi, ma capire quale sia il modo migliore, tutelando la sicurezza della vittima ancora prima di quella del malavitoso. Chi ha fatto il militare negli anni ‘70 sa bene come primaria preoccupaz­ione dei comandi fosse quella di prevenire incidenti, tanto che la maggior parte dei soldati di sentinella montava di guardia con il caricatore del Garand sigillato da un involucro di spessa plastica trasparent­e, che si sarebbe dovuto non senza difficoltà lacerare con un morso. Il panico del soldato faceva più paura dei terroristi; ed erano già gli anni di piombo.

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