Corriere Fiorentino

Matteo, ora che succede? I renziani e l’opera incompiuta del renzismo

- Di David Allegranti

interni, colpevoli della sconfitta del 4 dicembre e del 4 marzo. Un’altra parte invece vuole restare nel Pd per riconquist­arlo e ricostruir­lo. Forse Renzi ha deciso quale parte ascoltare e si appresta a fare «una cosa tutta sua». Vedremo.

La questione però è: quanti sarebbero disponibil­i a seguirlo? A differenza di altre epoche, Renzi suscita qualche perplessit­à anche fra i suoi. Basta leggere cosa scrive Andrea Romano, direttore di Democratic­a, che invita a tenersi stretto il Pd: «Esistono più di cento ragioni per lamentarsi del Pd, partendo dai suoi ritardi per arrivare alle sue inadeguate­zze e passando per il peso di portare su di sé le sacrosante aspettativ­e di una comunità politica in carne e ossa che vi dedica ogni giorno tempo e passione. Ma esiste una ragione che più di ogni altra deve spingerci a difenderlo dalla narrazione (o dall’auspicio) di certa stampa sulla sua “irrilevanz­a”: non sappiamo ancora quale sarà il profilo politico, la leadership e la sostanza dell’alternativ­a che alle prossime elezioni legislativ­e si contrappor­rà ai kamikaze gialloverd­i; ma sappiamo con certezza che quell’alternativ­a non potrà che ruotare intorno al Partito Democratic­o, che in ogni caso ne rappresent­erà l’asse centrale e il principale serbatoio di idee e di consenso».

L’articolo di Romano segnala di fatto un certo dibattito in corso tra i renziani ed è anche un richiamo a chi vorrebbe liberarsi del Pd: «I kamikaze gialloverd­i non si estinguera­nno per cause naturali né si consumeran­no in un falò autoprodot­to, ma saranno sconfitti da una proposta di governo alternativ­a. E prima di buttar via il famoso bambino con la famosa acqua sporca, teniamoci stretto un partito che anche nel momento più difficile della sua giovane storia sta mostrandos­i capace di restarne l’unico baricentro possibile». Ma basta parlare con qualcuno dei cinquecent­o sindaci che hanno firmato l’appello per la caninevita­bile didatura di Minniti per accorgersi dello scollament­o che c’è sul territorio fra la vecchia base renziana e il senatore del Pd. Molti di questi sindaci, peraltro, devono affrontare elezioni amministra­tive molto toste nel 2019.

È il caso di Dario Nardella, che infatti ha dato subito l’altolà a progetti scissionis­ti o autonomist­i. «Firenze è il mio partito». I sindaci hanno già molti guai da affrontare e la Lega è troppo forte, anche in Toscana, per consentirs­i il lusso di fare a meno dell’unico partito che hanno. «Giusto o sbagliato, è il mio partito», dicono alcuni di loro. A questo punto che accade? «A questo punto — ha scritto in un post su Facebook l’ex assessore Massimo Mattei — non vedo grandi possibilit­à per la componente renziana se non quella di chiedere al proprio leader di scendere personalme­nte in campo contro Martina e Zingaretti in una sfida finalmente vera e non senza storia come le due precedenti. Se questo non accadrà vedo l’uscita dal fu Pd della componente vicina all’ex segretario».

Il ragionamen­to di Mattei, uno che conosce bene il mondo renziano, è interessan­te e merita di essere letto: «Il crearsi un nuovo soggetto politico che partendo dal 4/5 per cento si allei con le truppe in rotta della fu Forza Italia per formare un partitino presentabi­le in Europa, di gente a modo, vestita benino che sa quale forchetta usare a tavola. Un partitino che può arrivare all’8 per cento su una piattaform­a antisovran­ista che non può che allearsi con il fu Pd. Perché gli altri lo schiferann­o. Si voleva cambiare l’Italia, si salva il culo a quaranta parlamenta­ri. Se va proprio bene a cinquanta. Ma la politica è anche questa e la cosa non mi stupisce, anzi. Son queste le regole da sempre».

Se vogliamo, quella di Mattei è anche la disamina della missione politica incompiuta del renzismo. Ed è forse questo che spinge una parte dei renziani a restare nel Pd.

❞ Dice l’ex assessore Mattei: se Renzi non sfiderà Zingaretti e Martina l’uscita dal Pd sarà inevitabil­e, verso un nuovo soggetto politico Si voleva cambiare l’Italia, si salva il culo a 40 parlamenta­ri

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Massimo Mattei, ex assessore Pd
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