Addio a Crispolti, maestro dell’arte contemporanea
Studioso del futurismo, di Guttuso e Baj ha insegnato a lungo a Siena. Il ricordo di un allievo
Ha formato diverse generazioni di storici dell’arte, ed è stato un maestro per centinaia di studenti. Ha curato numerosissime mostre e approfondito studi sul Futurismo, l’Informale, Lucio Fontana, Renato Guttuso, ed Enrico Baj. Se n’è andato ieri alle 15.30 a Roma Enrico Crispolti, classe 1933, storico dell’arte e critico militante. Allievo di Lionello Venturi, aveva tenuto il suo primo corso di Storia dell’Arte Contemporanea tra il 1962 e il 1963 alla facoltà di Architettura de La Sapienza. Dopo aver insegnato all’Università di Salerno e all’Accademia di Belle Arti di Roma, l’approdo come ordinario di Storia dell’Arte Contemporanea, nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena, dove, dal 1986 al 1998, e poi dal 2001 al 2007, ha diretto la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte.
In uno dei suoi libri, dal titolo Come studiare l’arte contemporanea (Donzelli, Roma, quattro edizioni dal 1997 al 2005), Crispolti ha rivendicato «la pari dignità di una storiografia del contemporaneo rispetto allo studio dell’arte del passato, in una continuità di impostazione metodologica entro la quale si manifestano specifiche diversità, che ne fondano l’autonomia disciplinare». Mentre cerco di scrivere, non senza una forte emozione, queste poche righe — nelle quali mi sembra impossibile riuscire a condensare la complessità del suo pensiero critico — non posso non pensare a quanto fossero appassionanti le sue lezioni, positivi i suoi messaggi, e a quanto riuscisse, sempre con entusiasmo, a stimolare la curiosità nei suoi allievi. Sì, perché Crispolti non è stato solo un grande professore, ma anche un uomo di una generosità intellettuale straordinaria. Le ultime volte che ci siamo incontrati i suoi occhi brillavano, come sempre, di entusiasmo. Stava arrivando a Firenze da Milano e mi aveva telefonato per chiedermi se volessi andare con lui a vedere una mostra. Abbiamo parlato, ci siamo divertiti (perché alle mostre con Crispolti ci si divertiva sempre) e mi ha chiesto come stessi dopo il mio ritorno in Toscana. Un mese dopo sono andato a trovarlo a Roma, perché voleva parlarmi di un progetto. Siamo rimasti diverse ore a lavorare, immersi nei faldoni del suo archivio, un labirinto di documenti raccolti in oltre cinquant’anni di infaticabile carriera. Quella sera a Roma pioveva a dirotto. Lui e sua moglie Manuela mi hanno dato un passaggio fino alla stazione. Il taxi si è fermato, ci siamo stretti la mano e gli ho detto: «Arrivederci, Professore».
Nella casa di Roma
Il suo archivio era un labirinto di documenti raccolti in oltre 50 anni di infaticabile carriera