Sull’auto che uccise Duccio c’era una quarta persona?
Il sospetto della Procura che ha chiesto e ottenuto la comparazione del Dna dei sette rom indagati
Forse un altro uomo era a bordo della Volvo che, durante un inseguimento a folle velocità, travolse e uccise Duccio Dini, in via Canova, lo scorso 10 giugno. Il ragazzo di 29 anni che stava andando al lavoro ed era fermo al semaforo, fu vittima inconsapevole di una spedizione punitiva tra famiglie rom.
Per fugare ogni dubbio, la Procura ha chiesto e ottenuto di eseguire, nella forma dell’incidente probatorio, la comparazione del Dna dei sette indagati con le tracce biologiche scoperte sulla Volvo. Per questo ieri, il gip Antonio Pezzuti ha incaricato il genetista Ugo Ricci di svolgere l’esame, i cui risultati si conosceranno a febbraio. Il pm Tommaso Coletta ha già chiuso le indagini contestando a sei rom coinvolti nell’inseguimento l’omicidio volontario di Dini, il tentato omicidio di Bajram Rufat che avevano cercato di investire al culmine di un violento litigio nel parcheggio dell’Esselunga e il ferimento di un automobilista tamponato durante la folle corsa.
Quattro le vetture che, nell’assolata domenica di giugno, partite dal campo del Poderaccio sfrecciarono a 100 km all’ora per inseguire la Opel Zafira guidata da Bajram Rufat, colpevole di aver maltrattato la moglie, parente dei Mustafa. Antonio Mustafa, secondo gli inquirenti, era alla guida di una Lancia, Remzi Amet, Remzi Mustafa, e Dehran Mustafa viaggiavano sulla Volvo mentre Emin Gani, e Amet erano su una Opel. I sei, hanno ricostruito gli inquirenti, inseguirono la vettura di Rufta, speronandola più volte fino a farla finire prima contro un palo e poi su un albero. Rufat rimase ferito, ma riuscì a sfuggire alla furia dei familiari della moglie. Anche il conducente della Volvo perse il controllo: si scontrò prima con un altro veicolo e infine travolse lo scooter dello sventurato Duccio Dini, che era fermo al semaforo.
Tra gli indagati, tuttavia, c’è anche una settima persona. Si tratta di Kamjuran Amet, accusato di violenza privata per aver minacciato di morte Rufat. «Ancora non ti ho trovato. Ma non sto dormendo. Ti cerco e come ti trovo ti strappo il cuore — Amet aveva scritto al parente in un sms intimandogli di lasciare l’Italia — Comunque sei morto». Proprio sul macedone di 37 anni, è concentrata l’attenzione della Procura. Per il pm Tommaso Coletta, era a bordo nella Volvo insieme agli altri. Da qui, la richiesta di incidente probatorio. Ad oggi, sono tutti detenuti nel carcere di Sollicciano tranne Emin Gani e Kole Amet che sono agli arresti domiciliari, e Kamjuran Amet.
La tragedia di via Canova
Per i magistrati a bordo della Volvo che uccise il ragazzo in via Canova c’era anche Kamjuran Amet già accusato di violenza privata