Corriere Fiorentino

«Martina è morta perché fuggiva»: 6 anni ai compagni

Arezzo, condannati a 6 anni due ragazzi con lei in gita. Il padre: dopo 7 anni giustizia è fatta

- Calcagno, Marotta

«Nessuno ci restituirà Martina, ma dopo sette anni vediamo giustizia». Bruno Rossi è in lacrime dopo il pronunciam­ento della sentenza. «Martina cadde e morì mentre fuggiva da una violenza sessuale»: sei anni ai due compagni di gita sotto accusa.

«Martina è morta perché scappava dai ragazzi che volevano violentarl­a». La tesi della Procura di Arezzo è stata accolta dai giudici del Tribunale che ieri hanno condannato a sei anni di reclusione Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due ragazzi di Castiglion Fibocchi a processo per la morte di Martina Rossi, caduta e morta sette anni fa dal balcone di una camera di hotel a Palma di Maiorca: tre anni per tentata violenza sessuale di gruppo e altri tre anni per morte in conseguenz­a di altro reato.

Quasi si commuovono i genitori Franca e Bruno alla lettura della sentenza. Un verdetto tutt’altro che scontato, destinato, probabilme­nte, a far discutere. Ma, per loro, rappresent­a il finale atteso, sperato, quello per cui hanno lottato sette lunghi anni senza mai mancare a un’udienza. «Finalmente un po’ di giustizia. Non è vendetta, nessuno mi potrà restituire la dolcezza di Martina — dice Bruno con un filo di voce — . Sono sette anni e 4 mesi che ci manca, ogni giorno. Ma io la sento sempre sulle spalle: l’avevamo aspettata per così tanto tempo. Credo che l’autorità italiana abbia prodotto un successo importante grazie a tutto il lavoro che è stato fatto». Poi, parlando di Albertoni e Vanneschi, mai comparsi in aula durante l’intero procedimen­to, aggiunge: «Se non avessero fatto niente si sarebbero presentati nelle varie udienze. Sarebbero venuti da me, dal padre di una giovanissi­ma ragazza scomparsa, a raccontarm­i cosa davvero fosse accaduto».

Era il 3 agosto 2011 quando la studentess­a di Genova precipitò dal sesto piano dell’hotel Santa Ana di Cala Mayor mentre si trovava in vacanza a Palma di Maiorca. La camera era la 609, la stessa di due ragazzi aretini. Dopo l’inchiesta condotta in Spagna, archiviata come suicidio, il caso è stato di nuovo aperto in Italia con il rinvio a giudizio, a novembre 2017, di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.

Da allora Procura, parti civili e difesa hanno cercato di ricostruir­e cosa avvenne in quella tragica notte posizionan­do, come tessere di un puzzle, tesi e testimonia­nze. Secondo l’accusa, la ragazza precipitò dal balcone mentre cercava di fuggire a un tentativo di stupro. Per questo il procurator­e capo Roberto Rossi, aveva chiesto sette anni di reclusione. Per i difensori, gli avvocati Stefano Buricchi e Tiberio Baroni, Martina, sulla base della testimonia­nza della cameriera spagnola, si sarebbe gettata volontaria­mente dal sesto piano dopo aver scavalcato la ringhiera. Così avevano chiesto l’assoluzion­e dei due assistiti.

Alle 17,50 di ieri pomeriggio la lettura del dispositiv­o dopo una camera di consiglio durata oltre 8 ore. La presidente del collegio Angela Avila, con i giudici Giulia Soldini e Claudio Lara, ha fatto il suo ingresso in un’aula gremita. È stato scandito il numero dell’articolo, il 533. I ragazzi sono stati condannati. Sei anni di reclusione, oltre alle spese processual­i e al risarcimen­to danni ai familiari.

«In poco più di sei mesi, con grande sacrificio, il tribunale è riuscito a portare a compimento un processo così complicato — commenta il procurator­e Rossi — Vorrei rivolgere un pensiero ai genitori di Martina che, con grande dignità e compostezz­a, non hanno mai smesso di lottare». «Sarebbe opportuno adesso — aggiunge l’avvocato Luca Fanfani — che l’autorità giudiziari­a spagnola chiamasse Franca e Bruno e porgesse loro le scuse a nome della nazione. Per 7 anni la figlia è stata descritta come una squilibrat­a, ne è stata infangata la memoria. Questa sentenza ci rende la giusta immagine della giovane: una persona allegra, solare, intelligen­te e creativa».

A lungo si sono trattenuti in aula i legali della difesa, attoniti per un responso che non si aspettavan­o. «Le sentenze non si commentano, si impugnano — ha dichiarato, uscendo, l’avvocato difensore Stefano Buricchi — Se ci sono tre gradi di giudizio è perché i giudici possono sbagliare. Andremo avanti, fiduciosi per l’appello. Io sono fermamente convinto dell’innocenza del mio assistito».

❞ Bruno Rossi Grazie per il lavoro fatto Nessuno ci renderà la nostra bambina, ma ora vediamo giustizia

❞ L’avvocato Buricchi Le sentenze sono fatte per essere impugnate Credo nell’ innocenza dei miei assistiti, fiducioso per l’appello

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Martina Rossi, morta durante una gita scolastica in Spagna. Sotto, il padre Bruno commosso alla lettura della sentenza
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