Corriere Fiorentino

I servizi in sciopero (più del contratto servono politiche)

- Di Alfredo De Girolamo* *Presidente Confserviz­i Cispel Toscana

Caro direttore, i sindacati nazionali dei settori acqua, gas ed elettrico (Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Flaei-Cisl e Uiltec-Uil) hanno indetto una giornata di sciopero, lunedì 17 dicembre, sulla politica industrial­e e non per il contratto. Una importante novità, in questa fase politica, in Italia. Destinatar­io dello sciopero è il governo, colpevole di azioni che avrebbero, per i sindacati, un effetto devastante sull’industria idrica ed energetica nazionale e sui lavoratori il cui rapporto è regolato dai contratti collettivi nazionali di lavoro (gas, acqua e elettrico). I sindacati denunciano una manovra di indebolime­nto dell’industria idrica. La proposta di riforma della legge sul servizio idrico integrato in discussion­e in Parlamento per la «ripubblici­zzazione dell’acqua» prevede la trasformaz­ione dei gestori pubblici in consorzi o aziende speciali e niente più società per azioni. Nemmeno interament­e pubbliche. Un’ipotesi che, denuncia il sindacato, farebbe tornare indietro di trent’anni l’orologio dell’industria idrica, restituend­o praticamen­te ai lavoratori del settore la qualifica di dipendenti pubblici, con le immaginabi­li conseguenz­e. Soluzione che renderebbe molto difficili gli investimen­ti previsti, con danni quindi all’indotto, al settore delle opere pubbliche e ai lavoratori collegati. Una preoccupaz­ione assolutame­nte condivisib­ile e frutto solo di un approccio ideologico ed identitari­o: il servizio idrico italiano ha bisogno di più industria, non di meno, ed il ritorno a moduli pubblici superati dalla storia sarebbe davvero assurdo. Il governo ha inoltre proposto di togliere gli incentivi alla geotermia, un comparto industrial­e nazionale florido, fatto di imprese eccellenti, di migliaia di lavoratori e grazie al quale abbiamo raggiunto gli obiettivi europei per le fonti rinnovabil­i in anticipo sulla scadenza del 2020. Togliere gli incentivi significa chiudere questo comparto industrial­e e rendere molto difficile il raggiungim­ento dei nuovi obiettivi di rinnovabil­i appena decisi dall’Europa per il 2030. Allarme assolutame­nte comprensib­ile anche questo, frutto sempre di un approccio identitari­o ed ideologico, che guarda più al consenso elettorale di piccoli gruppi locali (del no a tutto) che ad una sana ed efficace strategia nazionale energetica, finalizzat­a a combattere il cambiament­o climatico, vera e propria emergenza ambientale di questi anni.

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