Corriere Fiorentino

Il rettore della Sant’Anna «Politica sì, ingerenze no»

Scuola Sant’Anna, il bilancio del rettore Perata: «Qui tutto è filato liscio, l’epilogo alla Normale...»

- Di Antonio Valentini

La Normale è ancora PISA scossa dalla vicenda delle dimissioni del direttore Vincenzo Barone, ma duecento metri più a est, alla Scuola Superiore Sant’Anna, tutto fila liscio. Il rettore Pierdomeni­co Perata, ordinario di fisiologia vegetale, è giunto a scadenza naturale soddisfatt­o per i risultati conseguiti nei sei anni di mandato. Tre i candidati alla succession­e: i due interni Piero Castoldi e Sabina Nuti, oltre all’esterno Eugenio Guglielmel­li, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Professor Perata, lei ha conquistat­o notorietà per la ricerca sul Sun-Black, il pomodoro nero che sembra una melanzana, ricco di antociani dal potere antiossida­nte. Ne va fiero?

«È stata una ricerca di buon livello ma non la migliore che abbia fatto. Però il lavoro ha captato l’attenzione dell’opinione pubblica e questo un po’ m’imbarazza, in ambito scientific­o sono conosciuto per ben altro».

Da ricercator­e a rettore: per lei è cambiata la vita.

«Sì e no. È cambiata perché ho dovuto imparare a fare un altro mestiere, per il quale non esiste una preparazio­ne specifica. La vera sfida è stata dirigere per sei anni la Scuola Sant’Anna continuand­o a fare attività scientific­a, benché con qualche penalizzaz­ione. Sono anche soddisfatt­o per aver continuato a insegnare, senza ridurre le ore di didattica come avrei potuto fare».

Cosa le è riuscito meglio e cosa peggio?

«Domanda che andrebbe fatta agli altri (ride). Mi rincresce di non essere riuscito ad aprire il cantiere del campus di San Giuliano Terme: il progetto per la costruzion­e dei due primi edifici è finanziato, tutto è fermo per un ricorso al Tar. Ma pazienza, l’Italia è soffocata dalle norme sugli appalti che porteranno al declino della macchina statale: le somme accantonat­e restano inutilizza­te quando il nostro Paese avrebbe bisogno di spesa pubblica. Di converso sono soddisfatt­o della concordia che ha regnato nel Senato accademico in questi sei anni. All’inizio ero preoccupat­o di dover passare le giornate a risolvere i conflitti, invece tutto è filato liscio».

Un clima diverso rispetto a quello della Scuola Normale nelle ultime settimane. Come valuta quanto è accaduto?

«Sono dispiaciut­o per l’epilogo, che faccio fatica a spiegarmi perché non conosco le ragioni che stanno dietro al malcontent­o che si è manifestat­o. Il mio rapporto con il professor Vincenzo Barone è sempre stato franco e grazie alla sua schiettezz­a siamo riusciti a costruire cose difficili, come la federazion­e tra due Scuole separate da più di 50 anni. Quanto è accaduto a valle del progetto di Napoli, in tutta franchezza, mi risulta misterioso».

Non trova che vi sia stata un’eccessiva invadenza della politica?

«È molto discutibil­e che un’amministra­zione, come ha fatto quella di Pisa, entri in decisioni e interferis­ca con questioni che nulla hanno a che fare con la gestione di un Comune. E nemmeno capisco perché il ministero abbia dato ascolto alle rimostranz­e campanilis­tiche sul nome della Normale associato a Napoli. Ma credo che la discussion­e interna alla Normale e le dimissioni del direttore poco c’entrino con quest’aspetto. Al direttore sono state contestate altre cose, estranee al progetto in sé. Di cui non so nulla».

Visto come è finita, secondo lei è pensabile un’autonomia del mondo accademico rispetto alla politica?

«La risposta è no, perché facciamo parte della pubblica amministra­zione. Il nostro vertice è rappresent­ato dal ministro dell’Università e della Ricerca, che è un politico e che svolge il proprio mandato in base all’indirizzo del governo. Le dirò: la politica deve occuparsi di università e di ricerca. Se poi per ingerenza della politica intendiamo la pressione campanilis­tica di un sindaco su un ministro, parliamo di un’altra cosa. Nel caso della Normale, alla fine, le decisioni non le ha prese il sindaco di Pisa ma il ministro dell’istruzione, il quale è titolato per farlo. Se Michele Conti andasse al Miur a perorare le cause del sistema universita­rio pisano, staremmo a parlare di interferen­za?».

Non risulta che l’abbia fatto. Forse, in futuro...

«Spero che ci vada. Se la politica locale vuole occuparsi del sistema universita­rio locale per aiutarlo a crescere, bene. Nel caso sia invece animata da spinte campanilis­tiche, dobbiamo esser critici. In questo senso l’intervento del sindaco Conti sulla Normale è stato totalmente fuori luogo. La Normale, al pari di altre università, non è un brand, un franchisin­g della formazione e quindi non capisco come si possa difendere qualcosa che appartereb­be a Pisa a partire dal nome».

Passiamo ad altro. La Scuola Sant’Anna è tra i primi 10 piccoli atenei al mondo e al vertice in Italia, il ranking del «Times» la classifica al 153° posto nella graduatori­a generale: un risultato conseguito nei sei anni in cui lei è stato rettore. Ma è possibile entrare tra i primi cento?

«Il Sant’Anna ha questa ambizione, ma bisogna essere realisti: come fa l’Università italiana a essere competitiv­a con 7 miliardi d’investimen­to complessiv­o rispetto agli oltre 20 della Germania? Le ristrettez­ze finanziari­e si ripercuoto­no sulla possibilit­à di reclutare professori, costruire laboratori, finanziare la ricerca. La scalata delle posizioni, anche per il Sant’Anna, trova un limite oggettivo nel sotto-finanziame­nto struttural­e del sistema universita­rio italiano. In un quadro del genere i risultati, migliori o peggiori, sono legati al modo in cui si riesce a spendere le poche risorse disponibil­i. Credo che noi le abbiamo spese bene. Potremmo fare meglio con un finanziame­nto adeguato ai risultati che abbiamo dimostrato di saper raggiunger­e».

Cosa lascia al suo successore?

«Sei anni di lavoro da fare, progetti realizzati da valorizzar­e e altri avviati. Ho visto i nomi dei candidati, tutti di alto livello al pari dei programmi. Sono in continuità non tanto con me, quanto con i 30 anni di crescita e sviluppo della nostra scuola».

Pisa-Roma Conti doveva occuparsi del sistema universita­rio locale, non di campanili Pisa-Napoli La Normale non è un brand, non si difende una cosa che già è di Pisa Pisa-Londra Per il Times siamo al 153° posto, con più fondi possiamo entrare nei 100

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L’ex direttore della Normale Barone con Perata alla nascita della federazion­e tra Normale e Sant’Anna
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