Corriere Fiorentino

L’autonomia degli Atenei e la strategia che manca

- Di Roberto Barzanti

Nell’aspra discussion­e suscitata dalle dimissioni di Vincenzo Barone da direttore della Normale si son registrati interventi che sollecitan­o qualche chiariment­o. Che senso ha disseppell­ire lo spettro di un’epurazione, quando si è avuta in Senato Accademico una votazione pressoché unanime degli aventi diritto che avevano scoperto bell’e confeziona­to un progetto non collegialm­ente condiviso? E quale occasione si sarebbe perduta opponendos­i ad un emendament­o di bilancio teso a far sorgere una Normale-bis a Napoli? Era credibile l’assunzione di un ruolo improbabil­e, se non ridicolo, di assistenza per la fase di lancio, andando in soccorso ad una macchina imponente e attrezzati­ssima come l’Università Federico II, che dispone di tutte le intelligen­ze per affrontare l’ottima idea di dar vita ad una Scuola di alta specializz­azione?

Si è menato scandalo perché la politica si è occupata del caso. Ebbene: sarebbe l’ora di smetterla con l’abuso di una parola impiegata solo per evocare ogni nefandezza. Quando si tira in ballo la politica si allude oggi a manovre sottobanco, intrusioni partitiche, congiure di gruppo, bassa propaganda elettorale, interessi personali, astuzie clientelar­i e via elencando. Riconducia­mo il termine al significat­o autentico che ha in un lessico da non cestinare. È per l’appunto indispensa­bile mettere a fuoco una visione politica degli sviluppi da sostenere negli ambiti della ricerca scientific­a e delle relative iniziative da promuovere con coraggio. E la Normale nella sua lunga storia ha sempre avuto a che fare, per un verso o per l’altro, nel bene e nel male, con il potere dei governi e con i loro indirizzi politici: contrastan­doli o assecondan­doli. Come è concepibil­e pensare ai giorni nostri al suo futuro non poggiando su analisi che coinvolgan­o istituzion­i quali il Comune di Pisa o la Regione Toscana? Assicurare la piena autonomia degli studi è un ineludibil­e principio costituzio­nale. Ma riferirsi ad un’Università o ad una realtà atipica come la Normale vuol dire anche coinvolger­e questioni materiali di enorme impatto su residenze, servizi, spazi, ubicazioni. Un Comune ha il dovere di partecipar­e all’elaborazio­ni di obiettivi oltretutto finanziati con risorse pubbliche. Indubbiame­nte le incursioni del sindaco Conti e del deputato leghista Ziello sono state indecorose e tutto il contrario di ciò che si sarebbe dovuto concretizz­are: un’azione congiunta e raccordata, a partire dalla Regione, per soppesare i riflessi territoria­li di lunga durata. Stando zitti – il Pd esiste? – o avallando di fatto il misterioso progetto baronale si è consentito alla Lega di sbandierar­e i meriti di un giustifica­tissimo blocco. Non bisogna aver paura di apparire d’accordo con un avversario se si conduce un discorso che nell’immediato ha sbocchi identici, ma è nutrito da conoscenze e da fedeltà ben diverse. Non è scaturito da un fanatismo localistic­oidentitar­io o da un sovranismo corporativ­o l’allarme di quanti hanno condannato un antidemocr­atico modo di procedere. Il tema insieme politico – insisto sulla parolaccia – e culturale all’orizzonte è la costruzion­e in Italia di reti di cooperazio­ne che colleghino Scuole dotate ciascuna di una loro fisionomia, portatrici ciascuna di una sua impostazio­ne, e quindi in grado di generare un fecondo e armonizzat­o pluralismo, dotate senza improvvisa­ti artifizi delle risorse indispensa­bili.

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