L’autonomia degli Atenei e la strategia che manca
Nell’aspra discussione suscitata dalle dimissioni di Vincenzo Barone da direttore della Normale si son registrati interventi che sollecitano qualche chiarimento. Che senso ha disseppellire lo spettro di un’epurazione, quando si è avuta in Senato Accademico una votazione pressoché unanime degli aventi diritto che avevano scoperto bell’e confezionato un progetto non collegialmente condiviso? E quale occasione si sarebbe perduta opponendosi ad un emendamento di bilancio teso a far sorgere una Normale-bis a Napoli? Era credibile l’assunzione di un ruolo improbabile, se non ridicolo, di assistenza per la fase di lancio, andando in soccorso ad una macchina imponente e attrezzatissima come l’Università Federico II, che dispone di tutte le intelligenze per affrontare l’ottima idea di dar vita ad una Scuola di alta specializzazione?
Si è menato scandalo perché la politica si è occupata del caso. Ebbene: sarebbe l’ora di smetterla con l’abuso di una parola impiegata solo per evocare ogni nefandezza. Quando si tira in ballo la politica si allude oggi a manovre sottobanco, intrusioni partitiche, congiure di gruppo, bassa propaganda elettorale, interessi personali, astuzie clientelari e via elencando. Riconduciamo il termine al significato autentico che ha in un lessico da non cestinare. È per l’appunto indispensabile mettere a fuoco una visione politica degli sviluppi da sostenere negli ambiti della ricerca scientifica e delle relative iniziative da promuovere con coraggio. E la Normale nella sua lunga storia ha sempre avuto a che fare, per un verso o per l’altro, nel bene e nel male, con il potere dei governi e con i loro indirizzi politici: contrastandoli o assecondandoli. Come è concepibile pensare ai giorni nostri al suo futuro non poggiando su analisi che coinvolgano istituzioni quali il Comune di Pisa o la Regione Toscana? Assicurare la piena autonomia degli studi è un ineludibile principio costituzionale. Ma riferirsi ad un’Università o ad una realtà atipica come la Normale vuol dire anche coinvolgere questioni materiali di enorme impatto su residenze, servizi, spazi, ubicazioni. Un Comune ha il dovere di partecipare all’elaborazioni di obiettivi oltretutto finanziati con risorse pubbliche. Indubbiamente le incursioni del sindaco Conti e del deputato leghista Ziello sono state indecorose e tutto il contrario di ciò che si sarebbe dovuto concretizzare: un’azione congiunta e raccordata, a partire dalla Regione, per soppesare i riflessi territoriali di lunga durata. Stando zitti – il Pd esiste? – o avallando di fatto il misterioso progetto baronale si è consentito alla Lega di sbandierare i meriti di un giustificatissimo blocco. Non bisogna aver paura di apparire d’accordo con un avversario se si conduce un discorso che nell’immediato ha sbocchi identici, ma è nutrito da conoscenze e da fedeltà ben diverse. Non è scaturito da un fanatismo localisticoidentitario o da un sovranismo corporativo l’allarme di quanti hanno condannato un antidemocratico modo di procedere. Il tema insieme politico – insisto sulla parolaccia – e culturale all’orizzonte è la costruzione in Italia di reti di cooperazione che colleghino Scuole dotate ciascuna di una loro fisionomia, portatrici ciascuna di una sua impostazione, e quindi in grado di generare un fecondo e armonizzato pluralismo, dotate senza improvvisati artifizi delle risorse indispensabili.