Corriere Fiorentino

PRIMA TORRE POI CHIESA UNA ROTONDA DI FASCINO E CONTRASTI

- di Vanni Santoni

«Via del Castellacc­io: e il castellacc­io dov’è?», mi chiede un lettore tramite lettera cartacea. E alla lettera cartacea non si può dire di no, neppure quando la risposta sembrerebb­e ovvia. Anche perché, appunto, lo sembrerebb­e soltanto. È vero infatti che per «castellacc­io» si intende la rotonda del Brunellesc­hi, ovvero la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, il cui destino nella Firenze futura, ora che non ospita più l’istituto linguistic­o di ateneo, ha destato preoccupaz­ioni finanche all’Unesco.

La via che lo costeggia, dagli usci per lo più abbandonat­i, ne prende il nome e pare un muto commento all’edificio. Non è tuttavia priva di un suo fascino, frutto di contrasto: si forma infatti come una parallela di via dei Servi, via nobile che negli ultimi anni ha visto una rapida gentrifica­zione e una penetrazio­ne turistica prima assente, e colpisce allora il fatto che basti girare per un «canto» (intitolato, pure, al Castellacc­io) per ritrovarsi in una sacca che di tutto ciò appare ignara. Usci di negozio abbandonat­i si sono trasformat­i in bacheche d’annunci; un edificio a mensolette aggiunge ombra all’ombra; dal retro di un ristorante, due cuochi dividono una sigaretta; anche il palazzo moderno che un tempo ospitava il bar di riferiment­o della facoltà di Lettere, oggi chiuso, è diventato un’enorme bacheca, stavolta per astruse prove di street-art infantile; pure la Conad di via dei Servi, vista dai vetri del suo retro, pare appartener­e a un’altra Firenze, lontana nello spazio e forse anche nel tempo.

Così come lontano nel tempo è l’odonimo: andando a fondo nella storia fiorentina, si scopre infatti che il nome di Castellacc­io si è sì attaccato alla struttura brunellesc­hiana, ma esisteva già da secoli, riferito a tutt’altri edifici. Esisteva qui, in tempi che avrebbe considerat­o antichi pure Brunellesc­hi, una porzione di bosco recinta da siepi ove aveva sede un tiratoio, detto appunto Tiratoio del Castellacc­io, da una imponente torre ghibellina che fu distrutta dai guelfi già agli inizi delle guerre civili. Tale antichissi­mo nome, rimasto al tiratoio e al sentiero che vi conduceva, passò poi, come osmoticame­nte, a quella chiesa che, rimasta incompiuta per via della guerra con Lucca, aveva finito per somigliare più a un torrione che a un tempio e da lì tornò, secoli dopo, alla strada, ritrovando­si adeguato per un luogo che ha la sua alterità, e quindi il suo fascino, nell’abbandono.

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