Stop alla restituzione dei beni per due milioni ai rom sotto inchiesta
Stop alla restituzione di beni per 2 milioni e mezzo di euro alle famiglie rom Ahmetovic e Halilovic. Così ha deciso la Corte d’appello di Firenze che ha sospeso la revoca della misura di prevenzione patrimoniale accogliendo il ricorso del procuratore di Prato, Giuseppe Nicolosi.
«C’è il concreto rischio», spiegano i giudici, che gioielli, auto, appartamenti e depositi bancari, finiti sotto sequestro quasi due anni fa, spariscano prima della decisione di merito. L’operazione scattò all’alba del 21 giugno 2017, quando gli investigatori della guardia di finanza sequestrarono un patrimonio milionario alle due famiglie rom. Gli inquirenti accertarono una sproporzione tra i redditi dichiarati (per un valore di 2,4 milioni di euro) e i beni posseduti dagli Ahmetovic e dagli Halilovic.
Risultavano poveri e non avevano mai lavorato. Ad accendere i riflettori sulle ricchezze accumulate in oltre quindici anni, la mancata dimostrazione della legittima provenienza di auto, appartamenti e soldi, l’approfondimento di 16 operazioni bancarie definite «sospette» dalla Banca d’Italia e trasmesse al reparto pratese dal Nucleo di polizia tributaria di Roma. Le indagini hanno poi ricostruito che la famiglia Ahmetovic dalla capostipite Djula ai figli e agli acquisiti — secondo gli inquirenti — si è dedicata sistematicamente alla realizzazione di furti, rapine e ricettazioni.
Attività che, per la Procura pratese, prodotto un patrimonio illecito milionario. Nel dicembre scorso, il tribunale di Prato aveva però ordinato la restituzione di case, gioielli, conti correnti, polizze e libretti postali.
Per il tribunale, era passato troppo tempo dalla commissione dei reati per i quali alcuni componenti delle due famiglie erano stati condannati e non c’era prova che l’acquisto di quei beni fossero stati acquistati con il provento dei furti. La Corte d’appello ora ha ribaltato la decisione.