Corriere Fiorentino

Cento chilometri d’oro (e non è una battuta)

Il «cronoman» empolese, celebre per le sue barzellett­e, vinse i Giochi di Los Angeles nella 100 chilometri a squadre

- Di Marco Massetani

Un caldo torrido avvolge l’agosto california­no e sembra voler sciogliere l’asfalto della Freeway 91. Los Angeles ospita per la seconda volta i Giochi boicottati dall’Europa dell’Est. Lungo i 25 chilometri di autostrada ritagliati come circuito della cronometro a squadre di ciclismo, un quartetto azzurro cerca di riavvolger­e ventiquatt­ro anni di storia, di riportare l’Italia alla gloria olimpica di Roma 1960. È un quartetto di atleti affiatati che giganteggi­ano sulle loro biciclette di ultima generazion­e: Marco Giovannett­i da Milano (189 cm), Eros Poli da Verona (193 cm), Claudio Vandelli da Modena (182 cm). E poi c’è lui, Marcello Bartalini da Empoli, continuato­re della tradizione toscana di passisti più o meno atipici.

Lo chiamano il comico, Marcello. Con le sue barzellett­e e le sue imitazioni di Francesco Moser e Adriano De Zan contagia di buonumore e risate i compagni, a tavola come sulla strada. E anche lui è un gigante, grazie a 193 centimetri di leve corporee chiamate a spingere i rapporti lunghi di un magico trenino a pedali. Bartalini arriva al ciclismo solo a 14 anni, dopo un primo approccio giovanile da cestista dell’Use Empoli. Ha grandi mezzi atletici il ragazzo classe 1962 nato nella frazione La Tinaia. Salito in sella a una bicicletta, inizia a sfidare le pianure della sua terra, cronoman puro con spiccata idiosincra­sia per le salite. Il carattere è schietto e scomodo, da toscanacci­o doc. Ai Mondiali juniores 1980, quelli vinti da Roberto Ciampi, talento di Cerreto Guidi, Marcello viene rispedito a casa perché rifiuta di sottoporsi ai massaggi. Ma l’anno successivo conquista il titolo nazionale Dilettanti di seconda serie ed entra nella rosa dei papabili per la cronometro 100 km a squadre ai Giochi di Los Angeles 1984, l’edizione nella quale l’Italia vuole tornare a scalare il podio olimpico dopo l’argento di Tokyo 1964 e il bronzo di Città del Messico 1968.

Quando il cittì azzurro Edoardo Gregori comincia ad assemblare il quartetto per l’Olimpiade california­na, improntand­o insieme al professor Francesco Conconi una strategia che non può più prescinder­e dalle ricerche nel campo della biomeccani­ca e dalle tecnologie d’avanguardi­a (le stesse che a gennaio hanno favorito il record dell’ora di Francesco Moser), ecco che Marcello Bartalini diventa un elemento insostitui­bile della squadra. Il ciclista empolese è egli stesso, per vocazione, un pioniere nel campo dell’innovazion­e: lo dimostrano la cura che dedica alla taratura del mezzo, la capacità di realizzare plantari personaliz­zati che aumentano resistenza e prestazion­i. I primi responsi della strada sono incoraggia­nti per l’Italia, e valgono una scommessa. Il sogno americano di Giovannett­i, Poli, Vandelli e Bartalini inizia con la meticolosa preparazio­ne effettuata sull’autostrada Cesena-Ravenna, prende consistenz­a nella 100 km di Budapest, si compie in una domenica estiva d’oltreocean­o, su quei 25 chilometri da percorrere aventi e indietro per due volte con un rapporto lungo e impegnativ­o, per sportivi d’acciaio: il 53x12.

Domenica 5 agosto 1984 oltre 70.000 spettatori prendono posizione lungo il circuito ricavato sull’arteria autostrada­le Freeway 91. Stati Uniti e Svizzera sono ottime formazioni, ma l’Italia ha qualcosa in più, e non lo nasconde. I nostri ciclisti adottato telai inclinati verso il basso, puntano sulle ruote lenticolar­i in fibra di carbonio su entrambe le ruote (un accorgimen­to che dovrebbe regalare un vantaggio di circa 2 secondi a chilometro), e infine nel body possono disporre di una tasca contenente una piatta borraccia di riserva. C’è l’incognitac­aldo, ma la squadra azzurra è tra le prime a partire ed evita le ore più torride della giornata. C’è l’incognita del vento, la cui presenza sarà parzialmen­te avvertita solo nella seconda metà della gara.

Quel giorno gli azzurri della 100 km su strada appaiono strepitosi e imprendibi­li. Nonostante una foratura di Poli al 15° chilometro, riescono a mantenere ritmi altissimi, macinano 250 metri a testa alternando­si al comando del trenino, con parziali di 29’28”, 29’14”, 29’58” e 29’48”. Impongono distacchi progressiv­i impression­anti: 20” su Svizzera e Usa al 25° km, 1’ su Svizzera e 1’27” su Usa al 50° km, 2’02” su Svizzera e 2’14” su Stati Uniti al passaggio dei 75. Chiudono in 1h58’28”, con il miglior tempo in assoluto ai Giochi e ai Mondiali e una media di 50,64 al km, molto vicina a quella di 51,151 fatta registrare da Moser nel suo record dell’ora. L’Italia torna sul tetto olimpico, a ventiquatt­ro anni dal trionfo di Roma 1960 firmato Balletti, Trapè, Cogliati e Fornoni.

L’aspetto più curioso della splendida performanc­e azzurra riguarda proprio Marcello Bartalini, che preso dalla foga agonistica quando si trova all’avanguardi­a procede a zig-zag, facendo arrabbiare i colleghi di squadra. «È vero, ma procedevo così solo per evitare le forature che i tombini posti sulla mezzeria della carreggiat­a potevano provocare», precisa oggi con orgoglio l’olimpionic­o toscano. Parenti, amici e tifosi lo accolgono con bandiere all’aeroporto di Pisa. Quindi è festa grande nella frazione La Tinaia con musica e fuochi d’artificio. Il campione toscano, rimasto dilettante salvo una breve parentesi nel profession­ismo, torna in California qualche anno dopo, gareggiand­o al fianco di Roberto Gaggioli. Conosce il pittore Sam Francis, che lo incoraggia a seguire la sua seconda, grande passione: la pittura astratta. Molte opere di Bartalini appartengo­no a collezioni private.

Esuberante e creativo, è stato anche autore di testi per personaggi dello spettacolo come Fiorello e Niki Giustini. Attaccata le bici al chiodo, ha aperto due palestre nella sua Empoli, prima di diventare un volto nel settore delle televendit­e. Ha anche predispost­o un sistema di equazioni per suggerire i numeri da giocare al Lotto. «La gente vuole vincere subito, invece ci vuole pazienza», ammonisce. La stessa pazienza che permise a lui di sbancare la ruota di Los Angeles con un tempo di tutto rispetto.

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Sopra: Bartalini con i suoi quadri astratti. A lato: sul podio di Los Angeles con l’oro olimpico. In alto: con due giovani atleti al Giro d’Italia
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