La favola della vita con donne e animali «La grazia di questi lavori è metafora efficace della condizione femminile»
A Palazzo Pitti la prima monografica di Kiki Smith
Al centro c’è il corpo. Intorno il mondo: animali, foglie, rami. È la favola della natura raccontata da Kiki Smith in What I Saw on the road, prima mostra monografica in Italia in un museo pubblico dedicata all’artista statunitense di origine tedesca: nell’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti sono esposte fino al 2 giugno una quarantina di opere che offrono un quadro esaustivo della sua produzione degli ultimi vent’anni, tra coloratissimi arazzi in cotone jaquard, sculture in bronzo, argento e legno, e opere su carta. Interprete di spicco del movimento femminista nelle arti visive, Kiki ha incentrato quasi tutta la sua arte, fino agli anni ‘90 sulla corporeità, e il corpo femminile: fragile, mortale, spesso lacerato e addirittura smembrato, ma anche eroicamente e fieramente capace di riscatto e ribellione. Nella produzione più recente, esposta in mostra, la sua riflessione si è allargata invece a considerare ciò che accade, concentrando lo sguardo sul rapporto tra corpo e mondo e tra uomo, natura e cosmo. «L’elegantissima grazia di questi ultimi lavori di Kiki – la cui materia spesso fragile e preziosa è una metafora efficace della condizione umana e femminile in particolare – ha come obiettivo altamente etico di ricreare unità e armonia in una realtà che spesso si presenta invece come brutale e dissonante e sprigiona un’energia profondamente rivoluzionaria: è il linguaggio di una nuova, inaspettata, spiazzante pietas» afferma il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, che ha curato l’esposizione con Renata Pintus e che, per il terzo anno consecutivo, ha voluto ospitare a Palazzo Pitti in primavera una protagonista dell’arte del nostro tempo. La mostra invita a riflettere sulla vulnerabilità della condizione umana rispetto alla complessità della vita. «Così la superficie luminescente e preziosa del metallo, nella scultura Girl, rende ancora più evidenti i segnali di una sessualità femminile vulnerabile, disarmata, esposta alla violenza; e le figure umane di tanti arazzi sono come smarrite in un universo dove serpenti, pipistrelli, perfino i rami secchi di un albero possono costituire altrettanti pericoli mortali» illustra Smith. «È una favola popolata da compagni di viaggio animali, vegetali, siderali e anche extraterrestri in un universo tanto vasto quanto familiare e di cui le donne continuano a essere le indiscusse protagoniste».
Eike Schmidt