Corriere Fiorentino

Le difese pubbliche e gli sfoghi privati

- Marzio Fatucchi

«Chi ha letto le carte mi garantisce di non aver mai visto un provvedime­nto così assurdo e sproporzio­nato. Mai». Il figlio non molla il padre. Matteo Renzi lo difende da Torino, dove ha annullato la presentazi­one del suo libro, per tornare subito a Firenze. Lo aveva difeso anche nel suo libro, «quando tuo padre viene intercetta­to, pedinato, seguito quasi fosse un camorrista nell’arco di quattro anni, la sua vita scandaglia­ta come mai era accaduto a un libero cittadino che fino a sessantatr­é anni aveva commesso forse quale unica infrazione un eccesso di velocità, è evidente che qualcosa non torna». E mentre è in viaggio verso casa, continua: «Da figlio sono dispiaciut­o per aver costretto la mia famiglia e le persone che mi hanno messo al mondo a vivere questa umiliazion­e immeritata e ingiustifi­cata. Se io non avessi fatto politica, la mia famiglia non sarebbe stata sommersa dal fango. Se io non avessi cercato di cambiare questo paese i miei oggi sarebbero tranquilla­mente in pensione». E dire che suo padre, dal 2015 sotto la lente di ingrandime­nto di due Procure, in più di un’occasione aveva assicurato di volersi mettere in pensione.

Lo ha fatto il 12 giugno di due anni fa: appena finite le elezioni, con il suo Pd sconfitto dal suo ex amico ed ex compagno di partito Daniele Lorenzini (candidato con una civica dopo aver rotto proprio in seguito delle indagini Consip, nel quale è stato testimone) aveva dichiarato: «Sono un pensionato». Ma proprio pensionato non lo era: pochi mesi dopo era già a organizzar­e la Festa de l’Unità per il Pd. Gli anni successivi però non solo non hanno visto Tiziano Renzi e sua moglie occuparsi solo dei nipotini, ma altre inchieste, altre polemiche. Ed in questo flusso di aggiorname­nti di cronaca, il padre dell’ex premier, ora senatore (che oggi terrà una conferenza stampa), era finito in quelli che il figlio ha chiamato, sempre nell’ultimo libro «Un’altra strada», fake news. Perché dopo l’archiviazi­one nell’inchiesta Consip, e la vittoria in alcuni processi per diffamazio­ne con tanto di risarcimen­to danni, l’orgoglio di famiglia era stato ristabilit­o. E proprio dopo questi sospiri di sollievo, sempre il babbo-imprendito­re aveva annunciato: lascio tutto. Lo aveva fatto con uno sfogo comprando una pagina di un quotidiano e spiegando che avrebbe venduto tutte le imprese di famiglia. «Mi arrendo. Ho 67 anni, ho una meraviglio­sa famiglia con dieci splendidi nipotini. Può sembrare strano che decida di arrendermi proprio oggi, dopo una notizia che ho atteso per tanti mesi». Parole a cui il figlio faceva eco: «Invito chi ha insultato mio padre e la mia famiglia a leggere questa lettera da parte mia posso solo dire: ti voglio bene babbo».

Amore filiale ed orgoglio. Lo stesso che ti costringe ad essere sincero col padre, quando ti fa arrabbiare. E quando, nella tempesta del caso Consip, l’inchiesta del padre rischiava di ricadere (politicame­nte) sul figlio, i due avevano avuto modo di fare una telefonata «franca»: quella nella quale urlava «babbo non puoi dire bugie, devi ricordarti che non è un gioco. Devi dire tutta la verità». La telefonata, che proseguiva anche con toni più acuti, era del 2 marzo 2017, meno di due mesi prima della Primarie che riconferma­rono alla guida del Pd Matteo Renzi, pochi giorni prima dell’interrogat­orio del padre per Consip: «Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io mi gioco le primarie», urlava Matteo.

Lui le primarie le ha vinte. Ed ancora oggi Renzi (Matteo) ribadisce: «Io non mollo di un solo centimetro. La politica non è un vezzo personale ma un dovere morale. Se qualcuno pensa che si possa utilizzare la strategia giudiziari­a per eliminare un avversario dalla competizio­ne politica sappia che sta sbagliando persona. Non ho mai avuto così tanta voglia come stasera di combattere per un Paese diverso e per una giustizia giusta».

Tiziano, sempre superattiv­o, aveva giurato all’insediamen­to del figlio a premier: «D’ora in poi, io non esisto». Invece, non è mai rimasto fermo, nè politicame­nte (a Rignano) nè con le sue imprese. Non lo aveva mai fatto in vita sua: peraltro una sua battaglia politica, trasformat­asi in inchiesta, portò al processo per l’ex sindaco Ds di Rignano, Massimo Settimelli: assolto ma solo 13 anni dopo. Per una volta, però, Tiziano si è fatto da parte. Venerdì scorso, alla presentazi­one del libro del figlio alla Sala Rossa (da dove partì la sua corsa per le primarie a sindaco di Firenze), il babbo non c’era. C’era la madre, in disparte, fuori dai riflettori. Quelli che ora sono tutti puntati sulla loro casa, dove sono agli arresti domiciliar­i, a Rignano sull’Arno.

❞ L’ex premier e l’inchiesta Chi ha letto le carte mi garantisce di non aver mai visto una misura così assurda e sproporzio­nata

❞ L’ex premier e la famiglia Mi sento responsabi­le, se non avessi fatto politica loro non sarebbero stati sommersi dal fango

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