IL CORRIDOIO DEI PRINCIPI USATO ANCHE DAI PARTIGIANI
LA STORIA DAL CINQUECENTO AI GIORNI NOSTRI
Nell’Europa del Cinquecento quello di sovrano era uno dei mestieri più a rischio, soprattutto per gli appartenenti a una dinastia insediatasi da poco, in una città di antiche tradizioni repubblicane. Anche per questo Cosimo I decise di affidare nel 1565 a Giorgio Vasari la realizzazione di un percorso soprelevato che passando per i fabbricati soprastanti Ponte Vecchio gli avrebbe consentito di raggiungere in tutta sicurezza da Palazzo della Signoria la reggia.
Era ancora vivo nella memoria di Cosimo l’assassinio di Alessandro de’ Medici, per tacere della congiura de’ Pazzi che era costata la vita a Giuliano. Il corridoio, passato alla storia come Vasariano, fu realizzato in appena cinque mesi e inaugurato in occasione delle nozze tra Francesco, figlio di Cosimo I, e Giovanna d’Austria. Il duca, poi granduca Cosimo e i suoi familiari potevano così transitare dagli Uffizi a Palazzo Pitti senza mescolarsi col popolo e senza essere visti; anzi potevano addirittura assistere alle funzioni religiose nella chiesetta di Santa Felicita dietro una grata, in totale riservatezza. È onesto aggiungere, però, che i granduchi seppero ben presto consolidare il consenso e il corridoio servì, più che a proteggerli da aggressioni, a favorire incontri galeotti: se ne serviva per esempio Francesco I quando si recava a trovare la sua amante Bianca Cappello, cui aveva donato un palazzo in Santo Spirito.
Il percorso del Vasariano era ed è relativamente lineare. Comincia da Palazzo Vecchio, entra negli Uffizi, sbuca con un arco nel Lungarno degli Archibusieri che percorre sopra un passaggio coperto. Poi svolta sul Ponte Vecchio, attraversando l’Arno, scavalca via de’ Bardi, penetra in mezzo alla Torre degli Obriachi, lambisce la chiesa di Santa Felicita, nell’omonima piazzetta, e raggiunge il giardino di Boboli passando per il retro dei palazzi di via de’ Guicciardini. In un solo caso Vasari dovette allungare l’itinerario: a differenza delle altre famiglie interessate dal percorso, i Mannelli si opposero all’abbattimento della loro casa torre, e Vasari fu costretto ad aggirarla.
Riuscì invece un intervento di carattere che oggi definiremmo ecologico: i macellai che praticavano il maleodorante commercio delle carni nelle botteghe costruite sul Ponte Vecchio, spesso gettando in Arno le carcasse, furono sostituiti d’autorità dagli orafi. Con il passaggio dai Medici ai Lorena e la musealizzazione del complesso degli Uffizi il Corridoio perse la sua funzione di percorso protetto per il principe, configurandosi come uno splendido ed esclusivo belvedere sull’Arno: la contemplazione della bellezza ebbe la meglio sulla preoccupazione della sicurezza. E fu proprio per consentire questa contemplazione che nel 1861, in occasione della visita di Vittorio Emanuele II a Firenze, un mese dopo il plebiscito, fu deciso di aprire una grande finestra nel corridoio nella parte sovrastante Ponte Vecchio.
Da essa il re d’Italia poté assistere a uno spettacolo pirotecnico organizzato in suo onore. Da quella stessa finestra, nel maggio 1938, un altro capo di Stato contemplò l’Arno e la città.
Si chiamava Adolf Hitler e, se in gioventù fosse stato ammesso ai corsi dell’Accademia, invece del politico forse avrebbe fatto il pittore. Gli fece da cicerone, precettato dal ministro dell’Educazione Nazionale Bottai, il grande storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli, che pochi anni dopo sarebbe stato uno degli animatori della Resistenza a Firenze. Secondo una vulgata diffusa, il Ponte Vecchio, con la vista che si godeva dal Vasariano, piacque tanto a Hitler che quando il fronte passò per Firenze decise di risparmiarlo.
Se sia stato un bene o un male, vista la conseguente distruzione degli edifici circostanti, fra cui molte storiche case torri, è ancora motivo di discussione. Quel che è certo, il Corridoio servì nell’agosto del 1944 ai partigiani per spostarsi dalla riva sinistra alla riva destra dell’Arno, ancora occupata dai tedeschi, come ricorda un celebre episodio di Paisà, capolavoro neorealista di Roberto Rossellini. A quasi quattro secoli dalla sua realizzazione, da passaggio segreto del principe il Vasariano diveniva strumento dell’insurrezione popolare.
Alle origini Fu realizzato in cinque mesi, in modo da poter passare dagli Uffizi a Palazzo Vecchio senza mescolarsi con il popolo