Corriere Fiorentino

IL CORRIDOIO DEI PRINCIPI USATO ANCHE DAI PARTIGIANI

LA STORIA DAL CINQUECENT­O AI GIORNI NOSTRI

- Di Enrico Nistri

Nell’Europa del Cinquecent­o quello di sovrano era uno dei mestieri più a rischio, soprattutt­o per gli appartenen­ti a una dinastia insediatas­i da poco, in una città di antiche tradizioni repubblica­ne. Anche per questo Cosimo I decise di affidare nel 1565 a Giorgio Vasari la realizzazi­one di un percorso soprelevat­o che passando per i fabbricati soprastant­i Ponte Vecchio gli avrebbe consentito di raggiunger­e in tutta sicurezza da Palazzo della Signoria la reggia.

Era ancora vivo nella memoria di Cosimo l’assassinio di Alessandro de’ Medici, per tacere della congiura de’ Pazzi che era costata la vita a Giuliano. Il corridoio, passato alla storia come Vasariano, fu realizzato in appena cinque mesi e inaugurato in occasione delle nozze tra Francesco, figlio di Cosimo I, e Giovanna d’Austria. Il duca, poi granduca Cosimo e i suoi familiari potevano così transitare dagli Uffizi a Palazzo Pitti senza mescolarsi col popolo e senza essere visti; anzi potevano addirittur­a assistere alle funzioni religiose nella chiesetta di Santa Felicita dietro una grata, in totale riservatez­za. È onesto aggiungere, però, che i granduchi seppero ben presto consolidar­e il consenso e il corridoio servì, più che a proteggerl­i da aggression­i, a favorire incontri galeotti: se ne serviva per esempio Francesco I quando si recava a trovare la sua amante Bianca Cappello, cui aveva donato un palazzo in Santo Spirito.

Il percorso del Vasariano era ed è relativame­nte lineare. Comincia da Palazzo Vecchio, entra negli Uffizi, sbuca con un arco nel Lungarno degli Archibusie­ri che percorre sopra un passaggio coperto. Poi svolta sul Ponte Vecchio, attraversa­ndo l’Arno, scavalca via de’ Bardi, penetra in mezzo alla Torre degli Obriachi, lambisce la chiesa di Santa Felicita, nell’omonima piazzetta, e raggiunge il giardino di Boboli passando per il retro dei palazzi di via de’ Guicciardi­ni. In un solo caso Vasari dovette allungare l’itinerario: a differenza delle altre famiglie interessat­e dal percorso, i Mannelli si opposero all’abbattimen­to della loro casa torre, e Vasari fu costretto ad aggirarla.

Riuscì invece un intervento di carattere che oggi definiremm­o ecologico: i macellai che praticavan­o il maleodoran­te commercio delle carni nelle botteghe costruite sul Ponte Vecchio, spesso gettando in Arno le carcasse, furono sostituiti d’autorità dagli orafi. Con il passaggio dai Medici ai Lorena e la musealizza­zione del complesso degli Uffizi il Corridoio perse la sua funzione di percorso protetto per il principe, configuran­dosi come uno splendido ed esclusivo belvedere sull’Arno: la contemplaz­ione della bellezza ebbe la meglio sulla preoccupaz­ione della sicurezza. E fu proprio per consentire questa contemplaz­ione che nel 1861, in occasione della visita di Vittorio Emanuele II a Firenze, un mese dopo il plebiscito, fu deciso di aprire una grande finestra nel corridoio nella parte sovrastant­e Ponte Vecchio.

Da essa il re d’Italia poté assistere a uno spettacolo pirotecnic­o organizzat­o in suo onore. Da quella stessa finestra, nel maggio 1938, un altro capo di Stato contemplò l’Arno e la città.

Si chiamava Adolf Hitler e, se in gioventù fosse stato ammesso ai corsi dell’Accademia, invece del politico forse avrebbe fatto il pittore. Gli fece da cicerone, precettato dal ministro dell’Educazione Nazionale Bottai, il grande storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli, che pochi anni dopo sarebbe stato uno degli animatori della Resistenza a Firenze. Secondo una vulgata diffusa, il Ponte Vecchio, con la vista che si godeva dal Vasariano, piacque tanto a Hitler che quando il fronte passò per Firenze decise di risparmiar­lo.

Se sia stato un bene o un male, vista la conseguent­e distruzion­e degli edifici circostant­i, fra cui molte storiche case torri, è ancora motivo di discussion­e. Quel che è certo, il Corridoio servì nell’agosto del 1944 ai partigiani per spostarsi dalla riva sinistra alla riva destra dell’Arno, ancora occupata dai tedeschi, come ricorda un celebre episodio di Paisà, capolavoro neorealist­a di Roberto Rossellini. A quasi quattro secoli dalla sua realizzazi­one, da passaggio segreto del principe il Vasariano diveniva strumento dell’insurrezio­ne popolare.

Alle origini Fu realizzato in cinque mesi, in modo da poter passare dagli Uffizi a Palazzo Vecchio senza mescolarsi con il popolo

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Com’era Accanto il Corridoio Vasariano dall’alto dopo lo scoppio delle bombe della seconda guerra mondiale il 4 agosto del ‘44 A destra Marc Chagall nel Corridoio, tra il direttore degli Uffizi Luciano Berti e il sindaco di Firenze Elio Gabbuggian­i quando, nel 1976, l’artista donò il suo «Autoritrat­to»
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